L’ala leghista del governo Conte continua ad annunciare che la flat tax, o qualcosa di essa, si farà, prima o poi. Il viceministro all’Economia Massimo Garavaglia pochi giorni fa ha anticipato la data d’avvio per le imprese entro l’estate.
Esprimere un’opinione ponderata su questa flat tax è impossibile. A parte malferme date iniziali, instabili ambiti di riferimento (a partire dal dubbio di cosa si intenda flat tax per imprese, visto che esiste già), incerte aliquote, sono due le incognite principali.
La prima riguarda le modalità di finanziamento della riforma. La flat tax ha un costo certo, perché oltre a voler semplificare il sistema fiscale si propone di far pagare meno imposte ai contribuenti. Come si troveranno le coperture, però, non è ancora certo né chiaro, e c’è da credere che non lo sia agli stessi consiglieri della maggioranza di governo. Il sottosegretario alle Infrastrutture leghista Armando Siri ha fieramente detto, a proposito del valore del condono fiscale con cui si potrebbe in parte finanziarie la flat tax, che le loro sono le stime della strada e non di grigi conteggi d’ufficio. Un messaggio politico efficace per dire che non se ne ha idea. D’altra parte, la Lega non ha mai fatto mistero di ritenere che la copertura potesse arrivare un po’ dall’effetto «moltiplicatore» della flat tax, un po’ dall’emersione del sommerso. Due esiti sperabili ma incerti, al punto da immaginare che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe rinviare la riforma alle Camere, se così fosse.
La seconda incognita riguarda il rapporto tra una riforma fiscale di questo tipo e il resto delle azioni del governo Lega-Cinque Stelle. Una flat tax che semplifica e alleggerisce il sistema fiscale come punto di partenza fondamentale per la crescita e il benessere non è solo questione di aliquote e coperture. Quello è il minimo sindacale che gli italiani dovrebbero pretendere, vessati come sono da un sistema riconosciuto pressoché unanimemente come iniquo. Per essere davvero una riforma strutturale utile all’economia deve consentire alle persone, specie a quelle più in difficoltà, una ritrovata fiducia verso il loro Paese.
La flat tax proposta ormai un anno fa dall’Istituto Bruno Leoni combina proprio per questo un’aliquota unica di immediata comprensione, finanziata con una forte semplificazione e riduzione delle spese fiscali e con tagli specificamente individuati di spesa pubblica, a un minimo vitale che faccia da sostegno nei momenti di difficoltà. L’obiettivo è appunto consentire al sistema fiscale di essere comprensibile ed equo, e con ciò rappresentare un nuovo rapporto tra Stato e cittadino, in cui sia chiaro che il perimetro d’azione del primo è strettamente circoscritto ad aiutare chi è davvero in difficoltà.
Un punto, questo, che non sembra invece chiaro nella flat tax del governo Conte, proprio perché appare contraddittorio con lo spirito assistenzialista, paternalista e diffidente verso l’iniziativa privata, che emerge dagli altri punti del programma di governo.
Da Panorama, 5 luglio 2018