«Si è voluto strafare». L’economista Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, non usa mezze misure nel commentare le difficoltà d’attuazione del Pnrr.
Quali sono i problemi che l’Italia sta avendo col Pnrr?
«Sono tre. Anzitutto, la Meloni ha affidato la governance al ministro Fitto. Una mossa che ha senso perché mette un forte peso politico sul Pnrr. Cambiare la catena gerarchica comporta dei rallentamenti, ma si tratta del problema più marginale. Gli altri due riguardano le scelte della Meloni e come funziona l’Italia».
Partiamo dalle scelte della Meloni…
«Il Pnrr prevede investimenti, ma anche riforme. La maggioranza, però, vive con sofferenza alcune di queste riforme. Basti pensare al tema dei balneari e della concorrenza. La Meloni quanto è disposta a ingoiare delle riforme che non la vedono entusiasta, pur di ottenere le risorse del Pnrr? Senza queste riforme, però, si perde almeno una parte dei fondi europei. Si tratta di una scelta politica e, qualunque essa sia, va rispettata perché capisco che il centrodestra ha fatto campagna elettorale su un determinato programma».
Poi, ci sono dei problemi strutturali nell’apparato burocratico?
«Sì, il terzo tema riguarda il fatto che noi ci siamo impegnati, nell’arco di soli cinque anni, a fare investimenti per 200 miliardi di euro, ma non riusciamo a spenderli. L’Italia, però, ha tempi autorizzativi lunghi e la capacità di spendere è limitata tant’è che noi, ogni anni, non spendiamo interamente i fondi europei ordinari».
La responsabilità, in questo caso, di chi è?
«La responsabilità è di Conte e Draghi che hanno scelto di chiedere integralmente i fondi europei. Su 27 Stati membri solo 7 hanno chiesto (oltre ai finanziamenti a fondo perduto) anche i prestiti, solo 3 hanno chiesto interamente i prestiti, solo uno (l’Italia) ha aggiunto trenta miliardi di fondo complementare. Forse abbiamo voluto strafare? Oltretutto abbiamo chiesto questi soldi mettendo sul piatto progetti che a volte non si capisce bene che utilità abbiano».
A cosa si riferisce?
«Penso ai treni a idrogeno i cui bandi di gara sono andati deserti. Vuol dire che noi offriamo dei soldi per un qualcosa che non interessa a nessuno. Prima di mettere a disposizione le risorse, si dovrebbe capire se serve, se c’è una domanda e se si è in grado di realizzare quei progetti».
Sembra che l’Ue «faccia le pulci» alla Meloni molto di più rispetto che a Draghi. È giusto?
«Forse sì, ma dal mio punto di vista era sbagliato non fare le pulci al governo Draghi. Ben venga, se fare le pulci significa verificare che facciamo cose utili e che siamo in grado di rispettare gli impegni presi. Nell’interesse della collettività è bene avere uno standard molto restrittivo perché si tratta di soldi che, nel caso, si dovranno restituire».
Rischiamo di perdere veramente così tanti fondi?
«Ho letto anch’io fonti governative che dicono che a rischio ci sono circa cento miliardi, ma credo ci sia la possibilità di invertire la rotta. Questo significa prendere sul serio le riforme e farle per davvero. In secondo luogo, concentrarsi sulle riforme, come quella della burocrazia, che si possono spendere meglio. Infine, ripensare alcuni progetti del Pnrr concentrandosi solo su quelli veramente importanti».
da Il Giornale, 31 marzo 2023