Un check a Gabanelli su prezzi dell'energia ed extraprofitti

Gas ed elettricità, ingrosso e dettaglio, maggior tutela e mercato libero. Cosa non torna nella Dataroom

16 Giugno 2022

Il Foglio

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Ambiente e Energia Politiche pubbliche

La tassa sui cosiddetti extraprofitti delle società energetiche difficilmente raggiungerà gli 11 miliardi di gettito preventivati dal governo. E’ la tesi del Dataroom di Milena Gabanelli, pubblicato lunedì sul Corriere della sera e poi ripreso in serata al Tg La7. La tesi è di per sé credibile, ma per ragioni diverse rispetto a quelle offerte da Gabanelli. In uno scambio su Twitter, Gabanelli ha invitato a “segnare in rosso e blu” quello che non torna. In una versione più ampia di questo articolo, disponibile su ilfoglio.it, si trovano osservazioni più specifiche.

Dataroom ha principalmente due problemi. Il primo riguarda il meccanismo del prezzo marginale, sulla base del quale si formano i prezzi all’ingrosso dell’energia elettrica. In ciascuna ora del giorno, essi dipendono dall’impianto più costoso necessario a soddisfare la domanda in quel momento. Secondo Dataroom questo “penalizza l’Italia” perché “il prezzo di vendita sulla bolletta si aggancia alla quota maggiore con cui si compone il MWH, e il 44 per cento dell’elettricità è prodotto con il gas”. In realtà, i prezzi dipendono dalla tecnologia marginale (che spesso è il gas, in Italia), non da quella prevalente.

E’ per questo che in Francia, dove gran parte dell’energia viene dal nucleare, i prezzi non sono molto diversi dai nostri. Ed è questa la ragione per cui, anche in Italia, vi sono (poche) ore in cui l’intera domanda è soddisfatta dalle rinnovabili, o quasi, e ciò si traduce in prezzi più bassi: per esempio, lo scorso 17 aprile alle 15 l’energia veniva scambiata attorno ai 10 euro/mwh. In altri paesi addirittura i prezzi arrivano occasionalmente in territorio negativo: ma ciò non dipende dal fatto che sono più o meno favoriti da una regola stabilita due decenni fa; deriva dal diverso mix di generazione.

C’è però un problema più generale: mancando la comprensione dei meccanismi di mercato, l’articolo tende a confondere sistematicamente l’elettricità col gas, i mercati all’ingrosso con quelli al dettaglio e una tipologia di clienti con l’altra. In tal modo, anche quando vengono messi in fila dei fatti di per sé inoppugnabili, sembra che siano istituite tra di essi delle relazioni che in realtà non esistono, o sono diverse da come appare. Prendiamo per esempio questo passaggio, in cui Gabanelli tenta di spiegare perché i clienti in maggior tutela (“18 milioni fra luce e gas”) nel primo trimestre 2022 hanno pagato (il gas) in media 96 euro/mwh.

Due le cause, secondo Dataroom: “1) il prezzo del gas naturale è legato alla quotazione media sul trimestre precedente della borsa di Amsterdam”. Ma questo riguarda la formula per l’indicizzazione dei prezzi tutelati del gas, non si applica alla maggioranza dei clienti che hanno sottoscritto contratti sul mercato libero. Prosegue: “2) il prezzo di vendita sulla bolletta” dipende dal “meccanismo del prezzo marginale”. Abbiamo già visto che il funzionamento di tale meccanismo è diverso da come viene raccontato. A prescindere da ciò, questo non riguarda i prezzi al dettaglio del gas, ma quelli all’ingrosso dell’energia elettrica. I prezzi della borsa elettrica hanno un legame solo indiretto col Ttf (la borsa di Amsterdam). I prezzi di tutela del gas e della luce sono stabiliti attraverso procedure completamente differenti. E, soprattutto, non esiste solo la tutela: Gabanelli riconosce che ci sono 30 milioni di consumatori serviti sul mercato libero, spesso con contratti a prezzo fisso, contro i 18 milioni in tutela. Ma poi concentra l’attenzione solo su questi ultimi, dando quasi la sensazione che siano rappresentativi dell’intero mercato.

Più ancora delle imprecisioni, insomma, è la costruzione del ragionamento a essere impervia, perché appare come un continuo (forse inconsapevole) esercizio di illusionismo. Tant’è che nella chiosa finale Gabanelli spiega quanto sia complesso ricostruire i reali costi sostenuti dagli operatori per la produzione o importazione di gas ed energia elettrica, e dunque comprendere quanto di “extra” ci sia nei loro profitti. Ne deduce che “in assenza di dati corretti sarà pure difficile stabilire un tetto al prezzo del gas”. Sarebbe una conclusione ineccepibile se qualcuno stesse proponendo un tetto al prezzo finale del gas. Ma questo non lo chiede quasi nessuno, e certamente non il governo italiano. Il quale invoca semmai a livello europeo (non nazionale) una misura per porre un limite ai prezzi all’ingrosso (non al dettaglio) con l’obiettivo di contenere i prezzi d’acquisto del gas (e soltanto come conseguenza quelli di rivendita).

In sintesi, Dataroom comincia dicendo che gli operatori (e in particolare quelli di grandi dimensioni) fanno enormi profitti perché hanno comprato prima a prezzi più bassi: non è vero, hanno comprato con contratti di lungo termine indicizzati. Quindi il loro prezzo di acquisto risente dei rincari, anche se in ritardo, così come quello di vendita. L’indagine dell’arera sui contenuti dei contratti, appena pubblicata, conferma che non ci sono disallineamenti sospetti.

Poi Gabanelli confonde le coperture finanziarie, con cui gli operatori proteggono sé stessi e i loro clienti dalle fluttuazioni della materia prima, con la speculazione. Segue dicendo che il governo impone un extraprelievo su prezzo pagato e prezzo realizzato in vendita. Anche questo non è vero perché la tassa colpisce tutte le operazioni compiute in acquisto e vendita, incluse quelle straordinarie (per esempio cessioni di asset) o che nulla hanno a che fare con i prezzi del gas. Nello svolgere il ragionamento inciampa in una ricostruzione approssimativa e sbagliata del funzionamento dei mercati e delle modalità di determinazione dei prezzi. Inevitabilmente si aggroviglia in una serie di ragionamenti da cui ritiene di ricavare che il mercato è opaco e impedisce di colpire gli extra margini delle società importatrici. Quando l’unico dato inequivocabile è che il prezzo all’ingrosso è aumentato, riflettendosi sul prezzo retail di gas ed energia elettrica. E la lettura più semplice è anche quella più corretta.

da Il Foglio, 16 giugno 2022

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