Nel comunicato sintetico del decreto, dei servizi pubblici locali non c’è traccia. Non solo: di essi, fra un gelato e la conta dei presenti al forum di Cernobbio, non si è proprio più parlato.
Il lavoro del commissario alla revisione della spesa Carlo Cottarelli aveva consegnato l’immagine delle inefficienze di questo settore. Che i governi non se ne vogliano occupare è cosa alla quale possiamo pure esserci abituati. Ci siamo però meno abituati al fatto che le riforme vengano annunciate e sbandierata, salvo poi scomparire prima di diventare tali.
Tra i soggetti scomparsi, c’è anche quello, parallelo alla riforma dei servizi pubblici locali, delle privatizzazioni. Anche qui, pareva almeno che il governo Renzi volesse fare cassa mettendo sul mercato un altro 5% di ENI ed ENEL: operazione non risolutiva, neanche per quanto riguarda il controllo delle due imprese, ma se non altro un segnale, una riprova che le privatizzazioni restavano un dossier aperto, come assicurato dal ministro Padoan. Stesso segnale che si è avuto, per un attimo, sull’apertura alla concorrenza nei servizi pubblici locali. Invece, se dall’ultimo Consiglio dei ministri non è uscito il capitolo servizi locali, è stato lo stesso Presidente del Consiglio, intervistato dal direttore del Sole 24 Ore Roberto Napoletano, a chiudere la porta alle privatizzazioni. Per Renzi le dismissioni si faranno, ma non vale la pena che lo Stato si diluisca in ENI ed ENEL, e anche per quanto riguarda le Poste, nelle quali il governo Letta aveva preconizzato l’ingresso (in modalità discutibili) dei privati, è meglio attendere. Scelte legittime, ma mentre Renzi è stato esplicito su ciò che non vuole privatizzare, lo stesso non si può dire circa ciò che vorrebbe dismettere. Non basta dire “le privatizzazioni si faranno”, se non si dice quali.
Quando, due anni fa, il Ministro Grilli prometteva ricavi da privatizzazioni per 10 miliardi l’anno, a molti di noi pareva che si potesse e si dovesse fare di più. Col senno di poi, le stime di Grilli sono risultate ottimistiche.
È così difficile vendere? Certamente non è facile, se si discute di quel grande patrimonio immobiliare pubblico nei quali gli stessi governi faticano ad orientarsi. Certamente servono incentivi opportuni, se si tratta della selva delle municipalizzate. Ma, soprattutto quando invece ci si riferisce alle grandi società a partecipazione pubblica, ciò che è mancato finora è stata semplicemente la volontà politica.