Golden power: serve una decisione politica

Una disciplina che esprime il volto più arbitrario e insondabile del potere politico


19 Agosto 2024

Istituto Bruno Leoni

IBL

Argomenti / Diritto e Regolamentazione

“Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni”: vale anche per i governi. Lo conferma la relazione annuale sull’utilizzo del golden power, inviata poche settimane fa da Palazzo Chigi alle Camere e i cui contenuti sono stati anticipati da Formiche. Secondo il documento, nel 2023 sono state oggetto di screening ben 727 operazioni (di cui 577 notifiche e 150 prenotifiche). Si tratta di un dato in crescita rispetto all’anno precedente (nel 2022 erano pervenute 651 segnalazioni), che evidenziava un aumento rispetto all’anno prima e così via.

Come in passato, anche nel 2023 circa la metà delle operazioni scrutinate è risultata al di fuori dell’ambito di applicazione del golden power. Nel dubbio, insomma, le imprese scelgono di farsi scrutinare.

Della restante metà, circa una trentina di casi hanno indotto la Presidenza a esercitare i poteri speciali con l’opposizione all’acquisto di partecipazioni, venti sono state subordinate a condizioni o prescrizioni, così come altri otto piani annuali relativi al 5G.

È sempre più chiaro che il vero senso della disciplina, più ancora che nell’applicazione di limiti “a tutela della sicurezza nazionale” (qualunque cosa ciò significhi) sta nel controllo. I numeri delle operazioni notificate e prenotificate sono ormai macroscopici: ogni anno centinaia di aziende di grandi dimensioni e/o leader nei rispettivi settori devono baciare l’anello e chiedere permesso. Per cambiamenti che riguardano in senso stretto solo la loro governance.

L’introduzione della prenotifica – una sorta di verifica preliminare per capire se proseguire con una notifica vera e propria – e l’elevata frazione di notifiche che vengono giudicate esterne al perimetro del golden power confermano che le imprese preferiscono l’onere di una procedura non necessaria al rischio di un intervento a gamba tesa da parte del governo. Questo non solo incrementa la percezione del rischio paese e agisce come una sorta di patrimoniale sui valori degli asset – nel senso che potenzialmente limita il novero dei compratori, riducendo il valore delle partecipazioni – ma esprime il volto più arbitrario e insondabile del potere politico.

L’applicazione del golden power è andata continuamente crescendo e non ci sono meccanismi “interni” che possano frenare questa deriva. Serve una decisione politica, un taglio netto. Altrimenti i diritti di proprietà di azionisti e imprenditori saranno sempre più materia impalpabile. In nome dell’interesse nazionale? Più che altro, in nome dell’interesse di pochi “controllori”, ormai fuori controllo.

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