Fresca vincitrice delle elezioni del 25 settembre, Giorgia Meloni è già al lavoro per pensare al nuovo governo. La leader di Fratelli d’Italia ha portato il centrodestra alla vittoria, sconfitto il Pd e tenuto a bada il M5s e il cosiddetto Terzo Polo. Tempi ha parlato con Alberto Mingardi, professore associato di Storia del pensiero politico presso l’Università IULM e direttore dell’Istituto Bruno Leoni, del risultato elettorale e di quello che succederà adesso.
Mingardi, partiamo dagli allarmi che in queste ore – anche se già un po’ meno – continuano a risuonare da sinistra: il pericolo fascista, l’onda nera, l’Italia che farà la fine dell’Ungheria, i diritti in pericolo. È così?
Sono cazzate, ed era già evidente in campagna elettorale che erano cazzate, e cazzate inutili: come sempre quando la strategia è la demonizzazione dell’avversario, l’avversario ne giova. La gente pensa: “Se tutti ne parlano male allora vuol dire che davvero spaventa certi poteri, quindi farà qualcosa”. Lo stesso Enrico Letta era in imbarazzo a un certo punto. Sulle questioni di sostanza Meloni ha rassicurato, a partire dall’aborto, promettendo di non toccare la 194 ma di dare un’alternativa a chi abortisce per problemi economici. È curioso, perché sui diritti lei ha posizioni molto più “centriste” di tanti leader di destra nel mondo, eppure il fronte laico invece di incassare questa “vittoria” ha continuato a giocare su minacce irrealistiche.
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