Gentile Mingardi,
i referendum sono veramente utili? In questo caso si tratta di referendum consultivo e quindi, si dice, di poca importanza, ma le conseguenze le vedremo. Rimane comunque il fatto che ci costa 66 milioni di euro. Gli eletti quindi dovrebbero essere quelli che esprimono le idee dei loro votanti con le capacità che l’elettorato ha loro riconosciuto. Il referendum nella quasi totalità dei casi rappresenta una resa della classe politica che non sa risolvere il problema e delega al normale cittadino decisioni più grandi di loro, alimentando una forma di populismo. Questo per dire che i referendum vanno fatti per chiedere se gioca meglio la Juventus o il Milan, ma le cose importanti vanno risolte dalla classe politica che è stata eletta per quello.
Luigi la Carruba
Caro La Carrubba,
i grandi problemi sono quasi sempre più grandi di noi. Anche le persone più attente alle questioni pubbliche (chi legge un quotidiano tutti i giorni, per esempio) fanno fatica ad avere un’opinione ponderata su ognuno dei temi che entrano nell’agenda politica. Dalla legge elettorale al fine vita, dividersi in opposte tifoserie è facile, più difficile è saper costruire un argomento. E non è che i politici sembrino molto più ferrati dei cittadini comuni.
Senz’altro abbiamo avuto referendum su questioni, come la durata delle concessioni per estrarre idrocarburi in zone di mare o l’energia nucleare, le quali per essere prese in esame richiedevano conoscenze di cui pochissimi dispongono.
Il quesito di domenica era un po’ diverso. Non saranno molti gli elettori che sanno su quali materie di legislazione la Costituzione consente il «regionalismo differenziato». Però un cittadino mediamente informato può avere un’idea su quale sia il livello di governo di cui si fida di più. Senz’altro, quello più vicino è quello che riesce a controllare meglio.
Non è detto poi che i referendum siano solo l’occasione per un derby politico. In Svizzera ce ne sono di continuo. Vengono fatti soprattutto a livello locale: hanno per oggetto, cioè, il modo in cui sono gestiti servizi che ognuno può davvero toccare con mano, nella sua quotidianità. Un conto è esprimersi sulle condizioni del manto stradale, un altro una scelta che implica una visione della politica energetica di qui a trent’anni. Votando spesso, come fanno gli svizzeri, forse torna anche la voglia di farlo essendosi informati per bene.
Alberto Mingardi
Da La Stampa, 24 ottobre 2017