La separazione tra i poteri legislativo ed esecutivo è, nel nostro paese, in cronica situazione di crisi. I segnali sono tanti: l’eccesso di decretazione, il frequente ricorso a decreti omnibus, l’uso sistematico del voto di fiducia. Tutte queste patologie si sono ulteriormente aggravate con l’emergenza del Covid-19, ma non credevamo che avremmo mai visto il Parlamento alzare letteralmente bandiera bianca dando “pieni poteri”, almeno per quanto riguarda l’allocazione delle risorse economiche, al Ministero dell’Economia. È invece accaduto con l’articolo 265 del decreto rilancio, che consente a Via XX Settembre di riallocare i fondi da un capitolo di spesa all’altro nel caso l’uno sia stato sovrastimato, e l’altro sottostimato.
Questa norma è preoccupante sia nella sua dimensione fisiologica, sia in quella potenzialmente patologica. Per quanto riguarda la prima, gli errori nella stima sui costi delle misure possono accadere, ma in tal caso la sovranità sulle risorse risparmiate, o la responsabilità di individuare quelle mancanti, non può non spettare al Parlamento: in caso contrario, saremmo di fronte a un corto circuito democratico. A maggior ragione, il Governo ha mille modi – se vuole – per agevolare la fruizione di un provvedimento e sabotare l’altro, per esempio intervenendo sui tempi e sulle modalità dell’attuazione. Basti ricordare che, secondo l’ultimo monitoraggio, l’elenco dei provvedimenti attuativi ancora da adottare e riconducibili alle sole iniziative del Governo Conte-2 occupa ben trentaquattro pagine (PDF). La possibilità di usare strategicamente questo potere per poi spostare discrezionalmente le risorse da una parte a quell’altra dovrebbe essere attentamente disciplinata, e non lasciata alla mercè del Governo stesso.
Per ovvie ragioni, dunque, questa disposizione ha suscitato le proteste di numerosi osservatori. La nota diffusa dal Mef, più che smentire, conferma: da un lato ricorda che una norma simile era già stata introdotta nei precedenti decreti cura Italia e liquidità, dall’altro ribadisce che “le variazioni di spesa rispetto alle stime iniziali non sono infatti discrezionali, ma collegate all’effettivo andamento delle uscite legate alle diverse misure approvate”. Ma in tal modo si espone proprio a quel tipo di condotta opportunistica – potenzialmente già in sede di stima delle coperture necessarie, e certamente in sede di attuazione – a cui abbiamo fatto riferimento. La capacità di mantenere un bilancio chiaro e trasparente non è un orpello burocratico da sacrificare alla sveltezza dei provvedimenti, ma uno dei fondamenti dell’accountability democratica.
23 giugno 2020