I terroristi? Per i PM sono i «serenissimi»

C'è da chiedersi quale uso venga fatto, in Italia, delle risorse (certamente non infinite) di cui i tribunali dispongono

8 Febbraio 2016

Il Giornale

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

I nuovi «serenissimi» saranno processati e l’accusa è quella di terrorismo. La procura di Brescia ha chiesto infatti il rinvio a giudizio per 48 autonomisti e indipendentisti di Lombardia e Veneto, accusati di predisporre attività violente e progettare una seconda occupazione della piazza san Marco, a Venezia, pure stavolta utilizzando – come già era avvenuto nel 1997 – un rudimentale «tanko». La notizia può solo lasciare perplessi.

Tutto era iniziato nell’aprile 2014, quando furono arrestate 24 persone, tra cui l’ex deputato Roberto Bernardelli e Franco Rocchetta, che fu sottosegretario agli Esteri nel primo governo Berlusconi. Presto, però, il tribunale per il Riesame ne predispose la scarcerazione, sostenendo che – anche nell’ipotesi in cui fosse stato possibile provare che i nuovi «serenissimi» stavano effettivamente predisponendo le attività di cui erano accusati – in alcun modo quelle iniziative potevano essere ricondotte a un’accusa tanto grave.

Quei comportamenti non mettevano in discussione l’ordine costituzionale, essendo soprattutto nell’impossibilità materiale di farlo. Parlare di terrorismo appariva allora fuori luogo. Non bastasse questo, quando la procura di Brescia presentò un ricorso, la Cassazione lo dichiarò inammissibile.

Dopo questi due smacchi, la vicenda sembrava chiusa e invece la medesima procura bresciana ha ora chiesto il rinvio a giudizio. Tra i processati vi sarà Gianluca Marchi, che fu alla guida della Padania e de L’Opinione, mentre oggi dirige il quotidiano on-line il Miglio verde. Interpellato sullo sviluppo della vicenda, il giornalista ha dichiarato che adesso sarà possibile divertirsi «davanti a questa farsa tragica dove si processano le idee più che fatti veri».

E questo è davvero un punto cruciale, specie se si considera che qualche anno fa il codice Rocco (risalente al fascismo) è stato modificato in taluni articoli cruciali, così che non più reato formulare tesi a favore della dissoluzione dello Stato italiano. Qualche motivo di riflessione viene poi da Rocchetta, che ha detto di essersi limitato a tenere «lezioni di lingua e civiltà veneta a un gruppo di appassionati il cui unico intento era di organizzare delle manifestazioni dall’alto valore simbolico, non certo delle azioni terroristiche»: una rappresentazione che appare convincente e in linea con quanto già detto dal tribunale del Riesame e dalla Cassazione.

A questo punto c’è da chiedersi quale uso venga fatto, in Italia, delle risorse (certamente non infinite) di cui i tribunali dispongono. Mesi e mesi di intercettazioni, indagini e trascrizioni sono già costate un’enormità al povero contribuente. Ed emerge con chiarezza come in questo quadro spesso la giustizia non sia un servizio a favore dei cittadini, che non temono affatto il presunto terrorismo dei «serenissimi», ma invece finisca per operare a protezione di un sistema politico e burocratico che avversa la libera espressione di visioni politiche alternative rispetto a quelle dominanti.

Oltre a ciò, bisogna domandarsi se nei tribunali italiani non sia meglio puntare l’obiettivo con chi intende issare la bandiera dell’Isis nelle nostre città, invece che portare a giudizio quanti volevano arrivare a san Marco su un finto carro armato. Convivere con una magistratura che non è mai chiamata a rispondere delle proprie azioni è sempre più difficile e questa vicenda sembra offrirne l’ennesima conferma.

Da Il Giornale, 8 febbraio 2016

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