Nei tre brevi testi qui riuniti Vilfredo Pareto affronta una serie di temi importanti per il liberalismo del primo Novecento.
Nel primo – risalente al 1889 – egli muove da una riaffermazione del valore dell’economia come scienza, distinta da ogni analisi ideologica. Ma subito emerge una netta vis polemica contro quegli economisti «rigidissimi osservatori dei principi economici quando si tratti di opporli alle rivendicazioni popolari, si dimostrano ognora pronti a trascurarli quando sia per compiacere ai potenti». Il senso è chiaro: si usa – e giustamente – la razionalità economica contro le rivendicazioni popolari volte a ottenere impossibili aumenti salariali, ma non si fa lo stesso contro le protezioni doganali. Come se le leggi economiche funzionassero in taluni casi e in altri no.
Il secondo testo è del 1892 e torna su tali questioni per sottolineare un tema cruciale del liberalismo del tempo, e cioè il nesso tra protezionismo e militarismo. Quando critica la Triplice Alleanza e soprattutto le implicazioni ideologiche di quella scelta («Volete imitare Sparta od Atene, la Germania o la Svizzera?»), appare chiaro quanto in Pareto sia forte il legame con un autore come Herbert Spencer.
Il testo finale è del 1920 e prende in esame, mostrando sintonia pur in presenza di qualche critica, un intervento di don Luigi Sturzo. Al di là di taluni punti, ad esempio sulla questione dell’industrializzazione, è chiaro come le convergenze superino le differenze, soprattutto quando si tratta di criticare la fiscalità eccessiva e l’interventismo pubblico in materia agricola e commerciale.