L’affermazione degli Stati nazionali è uno dei temi fondamentali della riflessione di Acton.
Nella cultura politica moderna, in effetti, si parla di libertà più sul piano collettivo (quale indipendenza delle nazioni o affrancamento delle classi) che non su quello individuale (quale autonomia dei singoli). Lo studioso inglese è invece anti-nazionalista perché liberale, perché cattolico, perché federalista.
A suo giudizio, l’universalismo della Chiesa cattolica favorisce il dialogo tra le diverse identità nazionali. Inoltre, “l’accordo di varie nazioni sotto un’unica sovranità produce effetti simili alla libertà della Chiesa entro lo Stato (…). La libertà provoca la varietà, e questa a sua volta garantisce la libertà col fornirle i mezzi organizzativi”.
Egli ammirava l’impero austriaco ed esprime parole di elogio pure per la federazione svizzera. D’altra parte, la retorica patriottica che domina il XIX secolo lo irrita, né egli manca di esprimere giudizi assai negativi verso la politica conservatrice delle principali potenze continentali europee. La stessa unificazione italiana gli appare una follia, poiché è un progetto che non tiene conto delle diversità storiche, economiche e culturali, ed è per questo destinato al fallimento.