L’Italia è un Paese liberalizzato a metà. Per la precisione, al 51%.Con questo Indice delle Liberalizzazioni, l’Istituto Bruno Leoni misura il grado di apertura di tredici fondamentali mercati
Con questo studio, l’Istituto Bruno Leoni misura il grado di apertura di tredici fondamentali mercati: elettricità, gas, servizi idrici, telecomunicazioni, servizi postali, televisione, trasporto aereo, trasporto ferroviario, trasporto pubblico locale, mercato del lavoro, ordini professionali, mercato finanziario, infrastrutture autostradali, pubblica amministrazione, fisco.
Ciascuno di questi settori viene confrontato con il Paese dell’Unione europea che è più liberalizzato, in quest’ambito. Un importante team di ricerca (Fabiana Alias, Ugo Arrigo, Massimo Beccarello, Rosamaria Bitetti, Silvio Boccalatte, Luigi Ceffalo, Piercamillo Falasca, Andrea Giuricin, Christian Pala, Paolo Pamini, Carlo Stagnaro, Massimiliano Trovato, Andrea Villa) ci guida alla scoperta dell’effetto sortito da liberalizzazioni vere e false.
Quanto siamo distanti dagli altri Paesi europei? Cosa resta da fare per aprire i mercati? Quali sono le buone pratiche che possiamo importare? Sono queste le domande che stanno al centro di questo Indice, il primo strumento che ci permette di misurare, anno dopo anno, il grado di avanzamento della “transizione italiana” verso il libero mercato.
L’Indice delle Liberalizzazioni è impreziosito quest’anno da un saggio di Stephen Littlechild, fra i più importanti economisti britannici contemporanei e uno storico protagonista del processo di liberalizzazione e privatizzazione in Inghilterra. È proprio Littlechild a spiegare qual è il valore più autentico di una liberalizzazione: aprire la strada a una concorrenza che è anzitutto processo di scoperta del nuovo, a beneficio dei consumatori.