Nel 2016 il grado di liberalizzazione dell’economia italiana è pari a 70 punti su 100, lo stesso punteggio ottenuto dalla Germania. I Paesi più liberalizzati dell’Unione europea sono la Gran Bretagna (94 punti), la Spagna (80) e i Paesi Bassi (79). La classifica dei 28 Stati membri dell’Ue è chiusa da Grecia (54 punti), Cipro (54) e Croazia (55). Sono questi i risultati dell’Indice delle liberalizzazioni 2016, il rapporto annuale dell’Istituto Bruno Leoni sul grado di apertura di dieci settori dell’economia nell’Unione europea.
L’Indice delle liberalizzazioni, giunto alla sua decima edizione, prende in considerazione dieci settori dell’economia: distribuzione dei carburanti per autotrazione, mercato del gas, mercato del lavoro, mercato elettrico, servizi postali, telecomunicazioni, servizi audiovisivi, trasporti aerei, trasporti ferroviari e assicurazioni. Per ciascun settore, attraverso una griglia di indicatori e sottoindicatori, viene valutato il livello di liberalizzazione in ciascuna delle 28 economie europee. Al Paese più liberalizzato, in ogni ambito, viene assegnato convenzionalmente un punteggio pari a 100: di conseguenza il punteggio attribuito agli altri Paesi può essere interpretato come distanza dalla frontiera. Inoltre viene determinato un Indice di liberalizzazione dell’intera economia, per ogni Paese, come media tra i punteggi ottenuti nei singoli settori.
L’Italia, con un punteggio pari a 70, si colloca alla sesta posizione nella classifica dell’Istituto, in crescita rispetto all’anno precedente sia nello score (+3 punti) sia nel ranking (dalla dodicesima alla sesta posizione). Questo miglioramento di posizione deriva principalmente dal fatto che diversi Paesi hanno punteggi analoghi, e quindi scostamenti anche piccoli – in meglio o in peggio – possono determinare sensibili avanzamenti (o arretramenti) in classifica. Nel dettaglio, l’Italia ottiene buoni risultati nelle telecomunicazioni (94 punti su 100) e nel mercato elettrico (84 punti), mentre ha una valutazione ancora complessivamente negativa per quanto riguarda i carburanti (44 punti) e il trasporto ferroviario (52 punti).
Quest’anno, l’Indice contiene un saggio introduttivo di Paul Ormerod sul rapporto tra corruzione e crescita economica. L’idea di fondo è che la pervasività dello Stato tende a incentivare i comportamenti corruttivi, e questi agiscono come freno alla crescita economica, specialmente durante le fasi di crisi.
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