Il capitalismo ci costringe a pensare al prossimo

Il capitalismo non è un'ideologia e tantomeno un "ordine"

5 Giugno 2023

Libero

Argomenti / Teoria e scienze sociali

«Il capitalismo è un sistema nel quale le decisioni sono prese in modo decentrato. A un ragazzo nato negli anni Duemila si potrebbe anche dirlo in un’altra maniera. Il capitalismo è il contrario del lockdown». Basta questa definizione a fare capire molte cose del libro che Alberto Mingardi ha dedicato alla parolaccia con la «C», quella che fa inorridire le Elly Schlein e gli Yanis Varoufakis di tutto il mondo. Una delle parole «controtempo» cui l’editrice il Mulino ha dedicato una collana. Il lemma più controtempo di tutti, almeno dalle nostre parti, dove chi è comunista se ne proclama orgoglioso e chi è capitalista evita di dirlo, preferendo raccontarci quanto sia sostenibile, inclusivo e solidale ciò che fa.

Mingardi è una garanzia, anche di pensiero laterale e capacità di andare in direzione ostinata e contraria: insegna Storia delle dottrine politiche all’università IULM di Milano e dirige quella enclave del liberismo chiamata Istituto Bruno Leoni. Non sono agiografiche, quelle 165 pagine, e non contengono il solito elenco di risposte alle tante critiche, in gran parte pedestri, mosse al libero mercato. C’è molto realismo, invece. E c’è l’essenza della storia del capitalismo, di ciò che c’era prima che esso decollasse e di ciò che potrebbe prenderne il posto, domani, se chi lo vuole abbattere la spuntasse.

LE ALTERNATIVE
Le alternative, appunto: quali sono? Il capitalismo non è un’ideologia e tantomeno un “ordine”. È anche difficile da organizzare: il mercato corre sempre più veloce dei legislatori. Assomiglia piuttosto al regno dell’imprevisto, e vale anche per gli imprenditori: nessuno garantisce che il mio prodotto avrà successo, né che in qualche angolo del mondo non sia stata appena brevettata l’invenzione che lo renderà obsoleto.

Eppure da questo caos esce l’unico indicatore che conta: il prezzo. In un sistema ad economia pianificata il socialismo, il lockdown della metafora i prezzi non indicano nulla: sono fissati da un burocrate, spesso copiandoli dai listini del mondo libero. Ma in un sistema di mercato ci dicono quanto gli individui sono disposti a pagare per avere quel bene, ovvero quanto bisogno c’è di esso.

Così le alternative si riducono a due. Una è il mondo che c’era prima, in cui le disuguaglianze, enormi, erano dettate da privilegi di sangue e di casta, e non dalla capacità di soddisfare i bisogni altrui. Come nota Mingardi il capitalismo, pur senza avere pretese etiche e rieducative, cioè senza voler trasformare gli esseri umani in qualcosa di diverso da ciò che sono, «costringe» a pensare agli altri: chi non soddisfa i bisogni del prossimo è fuori dal mercato. La seconda alternativa è imporre le scelte dei politici su quelle dei consumatori e dei produttori: voi non sapete cosa vi serve veramente, quindi ve lo diciamo noi. Anzi, ve lo imponiamo. Il modello UE, che le pretese etiche e rieducative le ha tutte.

Mingardi, insomma, ci fa capire che per il capitalismo vale quello che Winston Churchill disse nel 1947 della democrazia: è il sistema peggiore, fatta eccezione per tutti gli altri che sono stati provati sinora.

Da Libero, 5 giugno 2023

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