L’accusa che la Commissione europea avanza a Google sulle pratiche anticoncorrenziali del software Android è più che una questione tecnica. Interessa noi tutti, e non solo perché l’80% degli smartphone venduti nel mondo gira su Android.
Android non è propriamente un sistema operativo. Più che un pezzo di software – peraltro distribuito gratuitamente e in formato open source – Android è un ecosistema a cui può accedere, con modalità di partecipazione più o meno spinte, chiunque lo desideri.
La Commissione Europea, che ipotizza Google stia abusando della propria posizione dominante per favorire quel particolare ambiente, pare vittima dei soliti equivoci sulla natura della competizione economica: essa serve a tutelare i concorrenti quali che siano le rigidità e i costi, di qualsiasi genere, ai consumatori, o a rendere più facile la loro vita?
La concorrenza di Apple e Microsoft, ben più forte di quanto le quote di utilizzo facciano supporre, pone due dilemmi. Primo: come fare in modo che un nuovo apparecchio sia immediatamente servibile, appena uscito dalla scatola? Il sistema operativo garantisce le funzionalità di base, ma occorre sovrapporgli delle applicazioni per assicurare l’integrazione dei servizi a cui siamo oramai abituati: la posta elettronica, la navigazione internet, le mappe, la ricerca – nonché la possibilità di scovare e procurarci le applicazioni che il produttore non ha precaricato per noi.
Secondo: come garantire agli utenti di un sistema per sua natura aperto e frammentato una regolarità comparabile a quella dei modelli chiusi? Il consumatore che passa da un iPhone 5 a un iPhone 6S sa esattamente cosa aspettarsi; il rischio, per un consumatore che sostituisca un dispositivo Samsung con uno LG, è quello di trovarsi di fronte a un’esperienza di utilizzo completamente nuova.
La soluzione immaginata da Google per ovviare a questi due problemi, tutelando al contempo il proprio investimento in un prodotto che non genera alcun ricavo diretto, passa per gli accordi con gli operatori hardware: se volete utilizzare le nostre applicazioni, dovete garantire l’unità dell’ecosistema. Nulla d’insuperabile: nessun obbligo e vincolo d’esclusiva per i produttori, nessun limite alla curiosità dei consumatori.
Se leggiamo il contributo di Android attraverso il prisma di un mercato dinamico, è indubbio che il sistema operativo di Google abbia aumentato il livello di concorrenzialità, permettendo a migliaia di produttori e milioni di sviluppatori di raggiungere gli utenti, senza sacrificare la loro possibilità di ricorrere a modelli alternativi. Coloro che, ogni giorno, acquistano uno smartphone sembrano averlo capito; lo capiranno anche a Bruxelles, per questo e per tutti i casi che dovrebbero avere, sullo sfondo, l’interesse del consumatore?