Il federalismo fiscale stimola la concorrenza

In Svizzera, Stati Uniti e Germania è già realtà

26 Ottobre 2017

La Stampa

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

In risposta ad una lettera a La Stampa:

Gentile La Naia,
dove ci porterebbe il federalismo fiscale? La Svizzera, gli Stati Uniti, la Germania sono Paesi federali. Non mi sembra se la passino peggio di noi. Sono realtà diverse, per storia, per cultura e anche per dimensione territoriale. Uno dei vantaggi dei sistemi federali è che si stimola una sorta di «concorrenza» fra le diverse unità amministrative. Diventa più facile che le une possano imparare dalle buone pratiche delle altre, proprio perché ciascuna dipende da imposte che essa stessa raccoglie, e non dalla generosità altrui.

Le disparità economiche nel nostro Paese non sono una novità. Se c’è qualcosa che sappiamo dalla nostra storia è che le politiche messe in atto sin qua non le hanno appianate. Dopo la II Guerra Mondiale si pensava di sanarle aumentando la dotazione di capitale nel Sud, perché ne crescesse la produttività e così il reddito pro capite. Per questo si incentivarono investimenti produttivi in quelle Regioni, spesso da parte delle imprese del Nord. Molti furono «cattedrali nel deserto»: i sussidi vennero sfruttati con opportunismo.

Oggi i trasferimenti sono fatti con la spesa corrente (di qui la discussione sul «residuo fiscale»). Le conseguenze sono negative per lo stesso Sud. Una su tutte: si rende enormemente attraente l’impiego pubblico, allontanando persone e talenti dall’economia privata.

Mi riesce difficile pensare che possa essere davvero «solidarietà» qualcosa che crea dipendenza e scoraggia lo sviluppo economico. Più che altro è un modo per creare clientele. Comprare i voti di una parte del Paese coi soldi dell’altra.

Da La Stampa, 26 ottobre 2017

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