Il fisco ci spia in banca

Giacenza media dei conti correnti: una nuova e più potente arma da usare nella caccia agli evasori

25 Giugno 2015

Panorama

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Quando si è saputo che le banche dovranno comunicare dal 30 giugno la giacenza media dei nostri conti correnti all`Anagrafe tributaria, l`Agenzia delle entrate si è affrettata a fugare le preoccupazioni dovute all`ennesima incursione nella nostra privacy: niente paura, hanno spiegato i suoi funzionari, si tratta anzitutto di un modo per contrastare la falsificazione dell`Isee, l`indicatore della situazione economica familiare in base al quale si ottiene il diritto alle prestazioni sociali agevolate (tasse universitarie ridotte, mense scolastiche gratuite, sconti sulle bollette e così via). La maggior parte degli osservatori si è accontentata di questo chiarimento, ma non sembra che le cose stiano proprio così.

La fine della protezione sulla giacenza media dei nostri conti correnti deriva da un articolo dell`ultima legge di Stabilità che integra, con una formulazione non proprio univoca, il famoso decreto Salva Italia del governo Monti (dicembre 2011) proprio nell`articolo dove c`è scritto che le informazioni sono utilizzate per elaborare «specifiche liste di contribuenti a maggior rischio di evasione». Insomma, ammesso pure che sia utile per contrastare gli abusi nelle prestazioni agevolate (cosa su cui è lecito qualche dubbio, come vedremo), per il resto la novità è esattamente quella che sembra: una nuova e più potente arma da usare nella caccia agli evasori, naturalmente scrutando liberamente anche nei conti di chi non ha mai evaso neppure un euro.

L`unica consolazione, se tale si può definire, è che il contribuente italiano non può più ricevere altre cattive notizie in fatto di privacy economica. Negli ultimi anni l`Amministrazione ha ottenuto il diritto di conoscere i saldi annuali dei conti, la somma dei movimenti finanziari, le spese personali e naturalmente i nostri redditi, utilizzati costantemente per individuare eventuali anomalie. Che cos`altro resta da scoprire? Nulla. Siamo ormai completamente nudi di fronte alla lente di ingrandimento del Fisco, anche se la maggior parte degli italiani non sembra rendersene ben conto.

«Gridiamo al Grande Fratello per i cookies con cui i siti internet acquisiscono informazioni sui nostri gusti a fini commerciali» osserva l`avvocato Serena Sileoni, vicedirettore dell`Istituto Bruno Leoni (Ibl) «e poi accettiamo senza fiatare che un funzionario pubblico venga a sapere quanto abbiamo sul conto o quanto spendiamo ogni mese. E assurdo». Proprio il caso della giacenza media dei conti è emblematico di questo strabismo. Per corroborare la necessità di un controllo sui presunti «furbetti del`Isee» si è subito diffusa la notizia che da quando la comunicazione della giacenza media è stata resa obbligatoria, a gennaio, le domande di prestazioni agevolate sarebbero crollate improvvisamente del 20 per cento. E già qui sarebbe logica una domanda: ma se per l`Isee la giacenza media dei conti è già obbligatoria (i diretti interessati devono farsela dare dalla banca per poi girarla all`Inps), a che pro acquisire anche quella di tutti gli altri contribuenti? Che cosa significa, poi, che il dato della giacenza media serve «anzitutto» alla verifica dei dati Isee? Sarà usato per stilare liste di contribuenti a rischio di evasione fiscale oppure no? Su questo manca una parola chiara e c’è da scommettere che non arriverà tanto facilmente: ancora non si sa, né si comprende, in cosa consista l`«analisi del rischio evasione» prevista dalla legge di Stabilità.

«La verità» prosegue Sileoni «è che un fenomeno di cessione dei diritti dei cittadini come quello in corso meriterebbe un grande dibattito pubblico. Ma non ce ne sono neppure le avvisaglie». Il processo è iniziato negli anni Settanta del secolo scorso, con il decreto presidenziale che ha istituito l`Anagrafe tributaria, ma molte delle sue prescrizioni sono rimaste per decenni sulla carta. L`escalation vera e propria è partita nel 2007, con l`inaugurazione dell`Archivio dei rapporti finanziari e con l`utilizzo sistematico delle nuove tecnologie della comunicazione a fini di indagine fiscale, associato sempre più allo strapotere dell`Agenzia delle entrate nei confronti dei cittadini.

Attenzione: qui non si parla solo, e neppure principalmente, del rischio che un dipendente infedele dell`Amministrazione possa divulgare informazioni che ci riguardano (sebbene qualcosa del genere sia accaduto a personaggi pubblici in passato). «La cessione di privacy in corso» osserva Vittorio Carlomagno, presidente dell`associazione Contribuenti.it, in prima linea contro l`invadenza del Fisco «può avere conseguenze economiche di rilievo per chiunque, visto il modo in cui l`Amministrazione usa le informazioni». Sotto accusa è l`accanimento con cui si cerca di ottenere gettito a tutti i costi, non disdegnando neppure lo strumento degli incentivi economici ai dipendenti. «In Italia» prosegue Carlomagno «oltre il 90 delle indagini si conclude con una sanzione. Un dato che non ha riscontro in quasi nessun altro Paese al mondo».

Un esempio dei rischi a cui ci espone l`onniveggenza del fisco lo fornisce l`avvocato tributarista Manuel Seri, che nel 2012 ha scritto un capitolo nel libro Sudditi curato dall`economista Nicola Rossi: intitolato II Grande Fratello, non è un reality. «Non molti lo sanno» spiega «ma c`è una norma secondo cui i prelievi che il contribuente imprenditore non sa giustificare sono tassabili. Sono considerati reddito aggiuntivo, sul presupposto che siano serviti per acquistare in nero beni di tipo professionale». La stessa regola, del tutto irragionevolmente, è stata in vigore per anni anche per i professionisti, che per definizione non vendono beni ma servizi, e solo a ottobre 2014 una-sentenza della Corte costituzionale ha rimesso le cose a posto. Vista da questa angolatura l`idea che l`Agenzia delle entrate conosca esattamente tutte i movimenti dei nostri conti fa venire i brividi. È l`inversione dell`onere della prova, con la trasformazione di tutti i contribuenti in sospetti evasori, a rendere davvero esplosiva la violazione della privacy.

Da Panorama, 25 giugno 2015

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