Con il pretesto di incongruità formali, la corsa alla presidenza dell’acciaiere è stata fermata
La forza di un paese risiede nella capacità della società di organizzarsi per risolvere i propri problemi. Simmetricamente, la sua debolezza è tanto più evidente quanto più allo sbando sembrano i suoi corpi intermedi. Quando l’Italia ha perso i partiti, con l’onda lunga di Tangentopoli, per la prima volta ha guardato fuori dalla politica, cercando riferimenti solidi nel mondo dell’università, del credito, dell’associazionismo, dell’impresa. Abbiamo avuto leader che venivano da quei mondi e che nel bene o nel male hanno influenzato la sfera pubblica. E adesso? Confindustria sta rinnovando la sua presidenza. Nonostante la performance piuttosto appannata dell’associazione negli ultimi anni, ben quattro candidati si sono presentati per prendere il posto di Carlo Bonomi. Un segnale di apparente vitalità. Solo che dei quattro candidati ne sono rimasti in gara solo due (Edoardo Garrone e Emanuele Orsini) e non perché c’è stato un primo e un secondo turno: Alberto Marenghi si è ritirato, mentre Antonio Gozzi è stato escluso dai saggi, sembra per questioni perlopiù formali.
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