Il paese delle liberalizzazioni flop: "A rimetterci sono i consumatori"

Intervista ad Alberto Mingardi

23 Febbraio 2017

Quotidiano Nazionale

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Alberto Mingardi, direttore dell’istituto Bruno Leoni: torna ad esplodere la questione taxi. Che ha vinto questo round?
«I tassisti, come sempre. Prima il governo ha deciso di riceverli in beata solitudine: senza invitare a sedersi al tavolo né gli Ncc (noleggio con conducente, ndr) né una qualche rappresentanza dei consumatori. Poi hanno avuto l’apertura di un canale preferenziale, da parte dell’esecutivo. Lo sciopero non è finito con una tregua: per fare una tregua i due combattenti dovrebbero abbassare le armi. E finito con la promessa di una resa».

I tassisti rischiano di essere duramente colpiti dalla trasformazione, è possibile pensare a strategie di compensazione?
«È inevitabile. Capisco chi dice che nessuno ha risarcito i videonoleggi pet la nascita di Netflix e Apple Tv. E vero. Ma qui parliamo di un servizio considerato pubblico, esercitato su licenza, fortemente regolato nelle sue prassi organizzative. Bisogna distinguere fra chi ha comprato una licenza 30 anni fa e chi tre mesi fa. Non mi scandalizza l’idea di strumenti che servano ad aiutare chi sulle regole di ieri ha costruito i suoi piani di vita. Invece i nostri politici si schierano acriticamente coi tassisti, fregandosene dei consumatori».

Le tecnologie sono sempre un danno in termini occupazionali classici?
«Nel 1845, contemplando le condizioni della classe operaia in Inghilterra, Engels profetizzava che l’innovazione tecnologia avrebbe creato una massa di nullatenenti, ai quali la mobilità sociale verso l’alto sarebbe stata preclusa e che sarebbero stati condannati alle stesse, misere condizioni di vita nei secoli dei secoli. Come ideologia ha avuto un certo successo, come profezia è stata radicalmente sbagliata. Se ci guardiamo indietro vediamo che l’innovazione tecnologica nel lungo periodo rende la vita di tutti meno faticosa. Questo non vuol dire che nel breve periodo non “perdenti”. Ma qualcuno è davvero convinto che oggi staremmo meglio se si fosse proibito lo sviluppo dei telefoni, per tutelare postini e telegrafisti?».

Perché in Italia le liberalizzazioni sono sempre difficili?

«Nel migliore dei casi, in Italia le liberalizzazioni vengono presentate come provvedimenti punitivi: lo Stato Robin Hood che toglie a chi ha tratto benefici “eccessivi” dalla sua posizione in passato. Non c’è alcun leader che spieghi che dobbiamo tornare a crescere, e perché questo possa avvenire ci sono privilegi che debbono saltare. La politica, del resto, pensa solo al breve termine: a chi avrà i voti dei tassisti alle prossime elezioni».

Come mai in Italia i consumatori contano poco o nulla?
«Il consumatore si lamenta, ma dato che l’uso che fa di un servizio o di un altro è limitato, fatica persino a mettere un like su Facebook a chi propone più concorrenza. In realtà trae beneficio dall’innovazione, ma fatica a capire che senza regole diverse diventerà un consumatore di serie B, al quale le possibilità che hanno consumatori di altri Paesi saranno precluse».

La politica ha responsabilità?
«Certo. Nessuno si cura di dare ai consumatori rappresentanza. La rabbia per le intemperanze dei taxi è stata un sentimento diffuso, nei giorni scorsi. C’è non dico un onorevole, ma anche solo un consigliere comunale che abbia provato a organizzare una contro-manifestazione, a portare dieci persone in piazza, a dare uno sbocco politico all’indignazione?»

Da Quotidiano Nazionale, 23 febbraio 2017

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