Il regalo elettorale di Rep. ai gialloverdi con la fake sul taglio bollette

Il costo di elettricità e gas non scende per merito politico come strilla il quotidiano

28 Marzo 2019

Il Foglio

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Teoria e scienze sociali

“Bolletta elettorale”: ieri Repubblica sparava in prima pagina la notizia che “il Presidente dell’Authority [per l’energia], nominato da Di Maio, riduce fortemente le tariffe da aprile”. Martedì il vicepremier grillino aveva in effetti provato a mettere il cappello sul calo dei prezzi di luce e gas dell’8,5 per cento e 9,9 per cento, rispettivamente. Forte del titolone di Rep., anche Matteo Salvini ha twittato vantandosene. Peccato che il governo non abbia alcun merito – né la colpa di aver piegato al suo volere l’organismo guidato da Stefano Besseghini.

L’aggiornamento trimestrale dell’Autorità regolazione per energia reti e ambiente (Arera) riguarda le famiglie in regime di tutela – cioè quelle che non hanno scelto un fornitore – e, limitatamente alle variazioni degli oneri tariffari, tutti gli altri. Indirettamente, la variazione si applica pure a quanti hanno sottoscritto contratti indicizzati alla tutela. Lo “sconto”, però, non risponde a una richiesta dell’esecutivo: riflette semplicemente i corsi ribassisti delle commodity energetiche sui mercati all’ingrosso. Come si legge nella nota diffusa dal regolatore – e come riconoscono Luca lezzi e Luca Pagni, autori degli articoli sul quotidiano diretto da Carlo Verdelli – per l’elettricità il taglio sarebbe stato ancora più significativo se contemporaneamente non fossero aumentati gli oneri generali di sistema (tra cui gli incentivi per le rinnovabili e l’efficienza energetica). Inoltre, è sceso sui mercati internazionali il costo dei permessi di emissione della CO2. Per quanto riguarda il gas, l’inverno mite ne ha ridotto i consumi e, conseguentemente, i prezzi.

Nella decisione dell’Arera, dunque, non c’è nulla di strano: il regolatore ha fatto quello che doveva, senza interferire paternalisticamente per centellinare i vantaggi (come aveva fatto più volte in passato, spalmando i maggiori costi su più trimestri). È una scelta saggia perché trasferisce ai consumatori corretti segnali di prezzo. Quindi, dovremmo tutti rallegrarci: perché pagheremo meno e perché l’Arera sa il fatto suo.

Purtroppo, l’attacco di Rep. sposta il terreno della discussione e insinua, senza troppi giri di parole, che l’Autorità abbia agito per compiacere il governo. Ecco dove sta la fake news: l’Autorità non dipende dall’esecutivo – è indipendente, per esplicito obbligo europeo – e i suoi vertici non ne sono espressione – hanno ricevuto il via libera dalle competenti Commissioni parlamentari, con la maggioranza dei due terzi. Mettendone in discussione l’imparzialità e l’autonomia, Rep. non fa un dispetto al governo, ma ferisce la reputazione del regolatore. Così, aggiunge un altro mattoncino al processo di delegittimazione delle istituzioni e del sapere tecnico che in Italia ha spianato la strada al populismo. E che proprio il governo sta perseguendo consapevolmente, attraverso i sistematici attacchi a tutti gli organi indipendenti (come Banca d’Italia, Consob, Inps, Ufficio parlamentare di bilancio, Ragioneria generale…) e i conseguenti tentativi di colonizzazione.

Addirittura, Rep. rischia di stimolare ulteriori appetiti. Quando capiterà (e prima o poi capiterà, forse già nel prossimo trimestre) una revisione al rialzo, il governo si sentirà autorizzato a fare pressioni sull’Autorità perché non vi dia seguito? In fondo, se i ribassi sono “merito” del governo, i rincari sono sua “colpa”. Inoltre, riconoscendo ai ministri poteri taumaturgici sul prezzo dell’energia, Rep. allontana le loro responsabilità: dal rinvio della liberalizzazione (grazie a cui i prezzi energetici non dipenderebbero più in alcun modo dall’Autorità e non potrebbero più essere politicizzati) ai possibili nuovi sussidi in gestazione al ministero dello Sviluppo economico. Forse Rep. intendeva accusare il governo di avere calpestato l’Autorità, ma ha sortito l’effetto opposto: accreditando la tesi che l’Arera abbia fatto un regalo al governo, il vero regalo a Di Maio lo ha fatto proprio Repubblica.

da Il Foglio, 28 marzo 2019

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