Il sovranismo anti-euro fa male alla crescita

Caro direttore, «Competenza e credibilità scrive Antonio Polito (“II dilemma del volo 93 vale anche per i 5 Stelle”, sul Corriere della Sera, 16 febbraio), da virtù che erano, oggi fanno perdere le elezioni». Ma competenza e credibilità a governare sono giudizi opinabili, la differenza di giudizi è l’essenza stessa della politica: e così può […]

22 Febbraio 2017

Corriere della Sera

Franco Debenedetti

Presidente, Fondazione IBL

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Caro direttore, «Competenza e credibilità scrive Antonio Polito (“II dilemma del volo 93 vale anche per i 5 Stelle”, sul Corriere della Sera, 16 febbraio), da virtù che erano, oggi fanno perdere le elezioni». Ma competenza e credibilità a governare sono giudizi opinabili, la differenza di giudizi è l’essenza stessa della politica: e così può succedere che il consenso popolare vada a personaggi e movimenti politici chiaramente impreparati a governare.

Però non è che tutto sia opinione e che non esistano i fatti; anzi questi hanno la testa dura.

Il duro fatto è che c’è un solo modo per uscire dall’euro: uscire prima dall’Europa, e poi attivare l’articolo so del trattato del funzionamento dell’Unione, come sta facendo la Gran Bretagna dopo Brexit. Semplice ma inoppugnabile, cade come una mannaia sul progetto «sovranista» di uscire dall’euro, e così poter svalutare, e così vendere di più, e così crescere. Infatti se non si fa più parte del mercato comune, nulla impedisce agli altri Paesi europei, nostri principali partner commerciali, di reagire alla nostra svalutazione mettendo dei dazi. Con il che addio aumento delle vendite, addio crescita.

Né c’è rimedio: l’ostacolo della norma che vieta di sottoporre a referendum abrogativo i trattati internazionali potrebbe essere superato da una legge costituzionale che la abroghi. Ma l’introduzione di una norma su possibilità e modalità di uscita di un Paese dall’euro richiede la modifica del trattato, e questo si può fare solo con l’accordo unanime di tutti i firmatari: il che, sempre, ma soprattutto di questi tempi, è praticamente impossibile.

Su euro ed Europa le idee che circolano non sono molto precise. Non lo sono in generale: tant’è che Angela Merkel, per evitare che si diffondessero interpretazioni erronee, si è sentita in dovere di ribadire che a Malta aveva parlato di Europa a due velocità, non di euro. Non lo sono tra gli elettori italiani. Posti di fronte a due domande diverse, se vogliono uscire dall’euro oppure dall’Europa, come nel sondaggio di Nando Pagnoncelli, rispondono in modo diverso: sono di più i primi (uscire dall’euro) dei secondi (uscire dall’Europa): 33 per cento contro 25 per cento tra tutti gli elettori, 57 per cento contro 47 per cento tra gli elettori del Movimento Cinque Stelle. Se sapessero che l’uscita dall’euro presuppone quella dall’Europa, questa differenza non dovrebbe sussistere. Ed è da supporre che se sapessero che questo fatto vanifica il progetto sovranista, la percentuale di chi vuole lasciare l’Europa diminuirebbe.

I Cinque Stelle, dopo qualche oscillazione quando cercavano di accreditarsi in Europa nell’Alde, son ritornati al «sovranismo». Che questo significhi tagliare il valore dei salari, e imporre una grande patrimoniale sui risparmi di famiglie e imprese è facilmente dimostrabile: ma a dimostrarlo sono persone che hanno «competenza e credibilità», e queste, come dice Polito, non fanno breccia. Altra cosa è una impossibilità constatabile da ciascuno per tabulas, leggendosi il trattato su Internet. Perché in tal caso «il dilemma del volo 93» dell’11 Settembre, non c’è più: i passeggeri che hanno affrontato i dirottatori, sanno che non hanno nessuna possibilità di riuscire a pilotare l’aereo fino all’atterraggio.

Da Corriere della sera, 22 febbraio 2017

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