9 Febbraio 2022
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Ambiente e Energia
Ogni tanto sembra che il ministro Roberto Cingolani si trovi al governo un po’ per caso. Certo, di mestiere fa il ministro della Transizione ecologica (sic), ma poi prende la parola in pubblici dibattiti con il tono di chi si trova di passaggio ed esprime la sua opinione come potrebbe fare ognuno di noi. In tal modo s’è comportato pure a Genova nel corso di un’iniziativa su «Italia domani: dialoghi sul piano nazionale di ripresa e resilienza», in un intervento nel quale ha sostenuto che l’aumento delle bollette avrebbe ormai quasi del tutto annullato l’effetto del Pnrr.
La cosa merita una qualche riflessione, tanto più che un dato cruciale è che tra i fattori dell’aumento del costo dell’energia vi sono proprio le logiche di quel piano. Anche se Cingolani ama dare un colpo al cerchio e uno alla botte, è evidente che proprio la transizione verde (che pare giustificare la sua presenza al governo) sia tra i maggiori fattori dei rincari dei prezzi che stanno patendo famiglie e imprese. Il sistema delle quote di CO2 da emettere, ad esempio, ha fatto sì che chi deve lavorare sia costretto ad acquistare certificati di emissione a prezzi crescenti. Per non parlare degli effetti della de-carbonizzazione e del fatto che moltissime imprese energetiche si stanno buttando sulle fonti rinnovabili non per ragioni di efficienza, ma soltanto per rincorrere i flussi della spesa pubblica. Di conseguenza, il Pnrr non è soltanto spesa pubblica e debito. Si tratta pure di un qualcosa che sta distorcendo i prezzi in vari campi, sta intrecciando ancor più i rapporti i rapporti tra Stato e grandi imprese, sta suscitando illusioni che difficilmente saranno mantenute.
In merito al clima, Cingolani ritiene che bisognerebbe abbandonare ogni approccio ideologico. Con questo egli intende dire che avrebbero torto sia quanti, ad esempio, avversano il nucleare, sia quanti in campo energetico vorrebbero un’economia retta dal libero mercato dentro un quadro giuridico stabile e basato su criteri fondati. Il problema è che l’approccio di Cingolani, che intende interpretare il ruolo dell’ecologista pragmatico, non è meno ideologico, dato che muove dalla presunzione che i nuovi tecnici (insomma, la Politica 2.0) sappiano a quali scienziati si debba credere e a quali no, quale debito sia buono e quale invece sia cattivo, quale interventismo sia illiberale e quale benefico. La sensazione è che il ministro-tecnico lanci il sasso, ma nasconda la mano. Con le sue uscite ci lascia intendere che non tutto va bene, ma al termine di ogni intervento invece che tornare al ministero per cambiare le cose, prende il treno in direzione del prossimo convegno. In sostanza Cingolani prende la parola in questo o quel dibattito come fosse un qualunque cittadino, che va a esprimere le sue più che legittime opinioni. A questo punto, però, farebbe bene a farsi carico delle proprie responsabilità, anche e soprattutto dinanzi a quei rincari che ci stanno colpendo tutti.
da Il Giornale, 9 febbraio 2022