Ecco perché il tetto al prezzo del gas potrebbe non bastare

Qualunque intervento sui prezzi o sul funzionamento dei mercati rappresenta un palliativo

27 Dicembre 2022

Milano Finanza

Carlo Stagnaro

Direttore Ricerche e Studi

Argomenti / Ambiente e Energia Politiche pubbliche

I prezzi del gas continuano a calare: alla vigilia di Natale al Ttf un megawattora (MV/h) si scambiava attorno agli 80 euro, un livello ben lontano dal record di 350 euro di agosto. Questo trend ribassista è destinato a rafforzarsi? E come entra in gioco il price cap di 180 euro appena concordato in sede europea?

Al momento, i mercati non sembrano credere a ulteriori flessioni. I contratti future con consegna nel 2023 oscillano attorno ai 90 euro, che grossomodo sembra rappresentare il punto di equilibrio tra le attuali condizioni di domanda e offerta. I mesi autunnali e l’inizio dell’inverno sono caratterizzati da temperature straordinariamente alte, che hanno abbattuto i consumi per il riscaldamento. Inoltre, un anno e mezzo di inflazione energetica ha messo sotto pressione gli impieghi industriali del gas. Dal lato dell’offerta, invece, bisogna guardare soprattutto a Pechino e a Mosca. La Cina, in questi mesi, ha liberato ingenti quantitativi di Gnl, di cui non aveva bisogno a causa dei protratti lockdown. Quando finirà la politica del Covid-zero, le cose potrebbero cambiare. Quanto alla Russia, i flussi verso l’Europa si sono grandemente ridotti ma non ancora azzerati. Se il Cremlino dovesse infine decidere di chiudere del tutto i rubinetti, potremmo avere serie difficoltà a reperire i volumi necessari, se non a soddisfare il fabbisogno invernale, a ricostituire le scorte durante la primavera-estate 2023.

A ogni modo, se prendiamo per buono lo scenario di prezzi che emerge dalla borsa di Amsterdam, il «meccanismo di correzione del mercato» (questo il nome ufficiale dello strumento) lanciato l’ altro giorno, dopo dieci mesi di feroci trattative, probabilmente rimarrà sulla carta. Esso infatti si attiva solo se ricorrono simultaneamente due condizioni: 1) il Ttf superai 180 euro/MWh per almeno tre giorni consecutivi; 2) il differenziale coi prezzi spot del Gnl è maggiore di 35 euro/MWh per almeno tre giorni consecutivi. In tal caso, a partire dal prossimo 15 febbraio, scatterà una sorta di tagliola che impedirà, su tutti gli hub europei, di scavalcare la soglia di 180 euro (o, comunque, il prezzo internazionale del Gnl aumentato di 35 euro).

Quali potrebbero essere le conseguenze è difficile dirlo. I rappresentanti dei governi sono entusiasti di questa nuova arma. Le autorità chiamate a darvi esecuzione appaiono invece assai più perplesse. La Banca Centrale Europea ha messo nero su bianco che il meccanismo potrebbe determinare rischi per la stabilità finanziaria dell’eurozona, soprattutto se dovesse provocare una migrazione degli scambi dalle piattaforme organizzate alle negoziazioni bilaterali. Acer, l’organizzazione che coordina i regolatori europei dell’energia, si è detta «riluttante» ad applicare il tetto, temendo che possa mettere a repentaglio l’approvvigionamento del metano. Proprio per questo, il regolamento prevede anche una clausola di sospensione se si dovessero verificare degli effetti collaterali indesiderati. In particolare, bisogna evitare che il calmiere finisca per stimolare la domanda, per allontanare le navi metaniere o per svuotare il Ttf.

Al momento ad ogni modo il price cap è una mera promessa (sebbene i Paesi che si sono battuti per averlo, come l’Italia, possano a buon diritto cantare vittoria). La sua applicazione appare improbabile, ma l’esperienza degli ultimi diciotto mesi ci dice che l’improbabile, 1’impensabile e persino 1’imponderabile possono verificarsi. In ogni caso non dovrebbe sfuggire che qualunque intervento sui prezzi o sul funzionamento dei mercati rappresenta un palliativo: sia che esso produca i risultati sperati, sia che si ritorca contro chi l’ha adottato, non dovrebbe distogliere dall’esigenza e dall’urgenza di aggredire la crisi nei suoi fondamentali, realizzando i rigassificatori di Piombino e Ravenna, riprendendo la produzione nazionale e dotandoci di un’ adeguata capacità rinnovabile.

Il disegno del price cap rappresenta un tentativo di contrapporre pesi e contrappesi per accogliere sia i rilievi di chi ritiene che i mercati siano viziati ed esprimano prezzi slegati dai fondamentali, sia le preoccupazioni di quanti temono invece che il cap finirà per diminuire i volumi disponibili. Bisogna sperare che i prezzi non crescano a tal punto da farci scoprire, a nostre spese, chi ha ragione.

Da Milano Finanza, 27 dicembre 2022

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