La Bce fa solo il suo mestiere, quello della banca centrale. Tocca ai governi fare di più per contrastare l’inflazione. Carlo Stagnaro, economista, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, ‘think tank’ diventato un punto di riferimento dell’area liberal, non se la sente di sparare ad alzo zero contro la numero uno della Banca Centrale Europea. Anche se non nasconde qualche perplessità sulla strategia complessiva dell’istituto di Francoforte.
Professore, sui tassi condivide la scelte della Lagarde?
“Sì e no. È sicuramente corretto aumentare i tassi di interesse di fronte alla corsa dei prezzi. Ma sappiamo bene che si tratta di un trend alimentato dalle politiche monetarie degli ultimi anni e delle politiche post-covid attuate in Europa. Quello che però non mi convince è l’approccio data driver portato avanti in questi mesi, l’opposto di quello tradizionale in cui le banche centrali davano un messaggio chiaro al mercato e favorivano il formarsi dell’aspettativa. Ora questo è più difficile, dal momento che arrivano messaggi contraddittori. Da questo punto di vista la strategia della Fed è più aggressiva ma più lineare”.
La Bce non sta corre troppo?
“La Bce fa il suo mestiere. Il resto tocca ai governi che, per essere sinceri, hanno fatto tutto quello umanamente possibile per alimentare l’inflazione”.
Meloni ha accusato la Bce di ricette troppo semplicistiche.
“Meloni, all’inizio del suo mandato, ha preso una serie di decisioni che andavano nella giusta direzione, come la riduzione degli aiuti sull’energia man mano che i prezzi si stabilizzavano. Ha smontato, insomma, uno degli automatismi che fanno parte del grande cocktail che ha alimentato la corsa dei prezzi”.
Cosa può fare ancora per fermare l’inflazione?
“Avrebbe dovuto spingere molto di più sulle liberalizzazioni e la concorrenza, due temi chiave quando c’è un’inflazione così alta. Interventi fondamentali se si punta il dito sui cosiddetti extra-profitti delle imprese. Si combattono aumentando la concorrenza. Da questo punto di vista il governo è latitante. E non mi riferisco ai settori manifatturieri, già esposti alla concorrenza, ma soprattutto ai servizi”.
La Germania in recessione creerà problemi all’Italia?
“La situazione tedesca è specifica ma avrà sicuramente impatti anche sulla nostra economia. Bisognerebbe giocare di frizione, per non rallentare troppo la crescita ma tenendo presente che l’economia si è surriscaldata. Certo, quando una persona sta male e prende, bisogna sempre ricordare che non esiste un medicinale che non abbia controindicazioni. Oggi il male più grave è sicuramente l’inflazione, Ma bisognerebbe anche adottare misure pro-crescita diverse dal mero rialzo dei tassi”.
In Italia abbiamo evitato la recessione?
“Il dato da tenere sotto osservazione è quello della produzione industriale. Ma per quest’anno sarei tranquillo, andiamo vero una stagione estiva che si preannuncia molto promettente per il turismo e la nostra economia è resiliente. Il resto dipenderà per una parte da questioni che sono fuori dal nostro controllo: l’impatto della crisi tedesca, la guerra in Ucraina. Ma anche da come il governo riuscirà a tenere gli equilibri e a intervenire sul Pnrr, spendendo le risorse in modo utile e non solo per utilizzare i fondi a disposizione”.
Ultima domanda: perché fa tanto paura il Mes?
“È come chiedere perché fa paura il buio. C’è un età in cui queste cose sono superate. Il Mes non deve fare paura e il governo lo sa perfettamente. Come sa che dovrà ratificarlo. Solo che deve trovare il modo giusto per raccontarlo e per utilizzarlo come strumento negoziale sugli altri tavoli di trattativa aperti con l’Europa”.
da QN – Quotidiano Nazionale, 29 giugno 2023