Intervista a Nicola Rossi: "Il Governo manca di ambizione"

Come andrà a finire il braccio di ferro con I'Ue?

29 Novembre 2018

La Gazzetta del Mezzogiorno

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Nicola Rossi, economista liberale, ex parlamentare e già presidente dell’Istituto Bruno Leoni, come andrà a finire il braccio di ferro con I’Ue?

«Se l’intenzione del governo è quella di concedere a Bruxelles solo un paio di decimali in meno non sono affatto certo che si eviterà la procedura d’infrazione. L’Europa chiede qualcosa di più sostanziale».

La procedura è ormai evocata quotidianamente. Ma, in concreto, di cosa si tratta?

«È un meccanismo che certifica una deviazione rispetto ai punti condivisi e, comporta, da parte della Commissione, l’indicazione dei provvedimenti da adottare per rientrare nelle regole. E qualora il governo decidesse di non seguirli, possono arrivare le sanzioni come, ad esempio, il trattenimento di somme destinate all’Italia».

Tsipras ha suggerito di «cedere subito perché poi sarà peggio». Un buon consiglio dal suo punto di vista?

«È un consiglio che avremmo dovuto seguire mesi fa. E invece, a causa dello spread, abbiamo bruciato miliardi con i quali il governo avrebbe potuto realizzare molti dei provvedimenti ventilati. Era ovvio che il muro contro muro non avrebbe portato a nulla».

Veniamo alle misure contenute nella Legge di Bilancio. Aiuteranno la crescita come afferma l’esecutivo?

«Non direi. Il governo presume che, in una fase di rallentamento come quella attuale, un po’ di spesa in deficit possa far ripartire il Paese. Ma in economie ad alto debito come la nostra non è detto che ciò accada. Anzi, potrebbe verificarsi il contrario».

E allora? Cosa bisognerebbe fare?

«Molte delle cose immaginate dal governo, tante delle quali condivisibili, si sarebbero potute tranquillamente fare, ma mettendo le mani in ciò che c’è. Tanti capitoli di spesa pubblica potrebbero essere oggi tranquillamente rivisti e invece ci si è limitati ad aggiungere qualcosa senza riformare alcunché».

Tradotto?

«Pensiamo al sistema fiscale. Era stata annunciata una fiat fax di cui però non c’è nemmeno l’ombra. Hanno allargato il regime dei minimi e stop. Nessuna riforma strutturale, appunto».

Quindi qual è la morale?

«Che la Manovra è una occasione persa. Il governo ha mancato di ambizione».

Da liberale, è fra quelli che denunciano il montare di un’onda statalista?

«Mi sembra evidente che i gialloverdi possiedano questa attitudine. Ma non sono certo abbiano i soldi per poterla sostenere. Sconsiglierei di proseguire su questa strada: una cosa è avere uno Stato efficiente, un’altra uno Stato che copre ambiti che non gli competono».

C’è poi un tema politico. Anche alcuni governi sovranisti hanno voltato le spalle all’Italia. Siamo isolati?

«Come si può pensare che il Gruppo di Visegrad dia una mano a Roma, dopo che proprio quei Paesi hanno affrontato sforzi enormi per convergere nella media Ue? È assurdo. Era pura fantasia credere che potessero giungere in soccorso di chi, quelle stesse regole, tende a violarle».

Infine, Salvini è tornato a porre il tema delle province, paventando un loro possibile «ritorno». Eventualità positiva?

«Le province sono state riformate in maniera abborracciata e quindi è ovvio che il tema si ripresenti. Ma aggiungere livelli di governo non risolve il problema. Se pensano di restituire valenza e importanza alle province, con relative risorse e competenze, allora facciano a meno delle Regioni. Non credo che qualcuno piangerebbe»

Da La Gazzetta del Mezzogiorno, 29 novembre 2018

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