"Inutili i raid sul Califfato. Servono truppe di terra."

Il sociologo francese Baechler: "ma non vedo l'urgenza per noi di intervenire, è più una minaccia per gli arabi."

30 Settembre 2015

La Stampa

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Bisogna intervenire per bloccare l’Isis? I raid sono il buon modo per farlo? E a chi tocca sparare? Jean Baechler si pone queste domande elementari di fronte al problema più complicato del mondo sapendo che non ci sarà soluzione. Vale però la pena seguire il ragionamento di questo liberale disincantato, uno degli «immortali» dell’Académie Frangaise, allievo di Raymond Aron, ieri ospite a Torino dell’Istituto Bruno Leoni.

Monsieur Baechler, pensa che sia giusto intervenire contro lo Stato islamico?

«La risposta non è scontata, l’Isis non è Al Qaida, che aveva dichiarato guerra all’occidente e agli Usa. Esprime la volontà di ricostruire un califfato sul vecchio modello. È una jihad, un’espansione che non ha limiti, ma alla scala di quello che noi chiamiamo Medio Oriente».

E questa espansione non è una minaccia per noi?

«Per me non è evidente la minaccia a Europa, Russia, Usa, cioè quelli che pensano di fermarla. La minaccia invece c’è e diretta su Iraq, Siria, Iran, Arabia Saudita, Libano, il mondo arabo e iraniano. La Turchia anche è coinvolta attraverso i curdi. È un problema regionale e come osservatore francamente non vedo l’urgenza di intervenire. Si dice terrorismo. Ma anche il terrorismo dell’Isis è regionale. Certo reclutano in Francia e nei nostri paesi, ma in quantità piccolissime, tremila francesi che combattono per il Califfo sono una questione di polizia, non richiedono l’intervento dell’aviazione».

Come giudica la strategia per l’Isis?

«Risponde esattamente al “che fare?” di Lenin, approfittare del caos per instaurare le misure più terribili e arrivare all’ obbiettivo: il paradiso terrestre del Califfato. In Francia è stato pubblicato un libro firmato con lo pseudonimo fasullo di Naji, che teorizza tutto ciò: Lenin costruiva l’avanguardia del proletariato, questi l’avanguardia della Umma».

Ma nemmeno le esecuzioni degli occidentali, secondo lei, legittimano un intervento da parte nostra?

«Sì, però sono i bombardamenti la buona risposta? Per vincere ci vogliono i soldati sul terreno. Ma gli Stati Uniti dopo Afghanistan e Iraq non intendono certo impegnarsi in una nuova avventura militare, i francesi sono impegnati in Africa, Mali e Centrafrica. Mandare aerei costa, ma è facile. A me però danno l’impressione di essere gesti simbolici che non rispondono a strategia e tattica suscettibili di raggiungere l’obbiettivo dell’eliminazione dell’Isis».

Cosa fare allora? Sostenere Assad come fanno i russi e gli iraniani?

«È un mafioso, suo padre era intelligente, lui lo sembra altrettanto. Sostenere il regime di Assad vorrebbe dire sostenere tutti i regimi arabi Egitto, Arabia Saudita che sono la causa prima della nascita di questi gruppi estremisti e integralisti musulmani. I moderati hanno fallito e dunque l’Isis è il tentativo di restituire al mondo arabo un destino diverso. È la reazione a umiliazioni di secoli».

In questa situazione Francois Hollande ha preso l’iniziativa, come difesa a scopo preventivo.Che ne pensa?

«Come cittadino avrei preferito che lo avesse fatto a nome della Francia e dell’Europa. Ma l’Europa non esiste nel senso che non è un corpo politico capace di prendere decisioni e realizzarle per esempio facendo la guerra. Io credo che Hollande pensasse soprattutto alle sue prossime elezioni».

Un colpo di pubblicità?

«Sì come lo sono stati i raid sulla Libia di Sarkozy e Cameron. Quanto a installare una democrazia mi sembra impossibile. È triste dirlo, ma è la parte del mondo dove più remota appare questa possibilità. Prenda l’Egitto: da 5 mila anni ci sono faraoni che dominano i fellàh».

Ma l’Isis cancella i diritti civili elementari. Non pensa che si debba intervenire?

«Francamente no. Dobbiamo erigerci noi a guardiani dell’ umanità? Sarebbe un pretesto aperto a tutte le ingerenze possibili. Beninteso preferirei che l’Isis venisse eliminato. Ma se perde, chi vince? Assad? Il pianeta ha un problema impossibile
da risolvere: è ragionevole circoscriverlo ed è possibile che sia questo quello che si tenta di fare».

Da La Stampa, 30 Settembre 2015

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