Italia, mercato aperto. Ma non troppo

Bene la telefonia mobile, arrancano le Poste, secondo l'Indice delle liberalizzazioni IBL 2014

1 Dicembre 2014

Bresciaoggi

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Aperto ma non troppo. Non è il ritmo di una partitura ma il mercato in Italia secondo l’indice delle liberalizzazioni 2014 elaborato dall’Istituto Bruno Leoni (Ibl), che assegna al Paese un sei e mezzo complessivo.
L’indagine condotta su dati riferiti all’anno scorso misura il grado di apertura della concorrenza, una delle leve attraverso le quali un Governo può stimolare la crescita.

L’indice 2014 considera 15 Paesi europei in dieci settori e rivela un’Italia ancora arretrata per apertura del mercato: voto 66 su 100, poco più che sufficiente, benché alla pari con Francia e Danimarca. È una valutazione in linea con la denuncia fatta di recente da Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Antitrust e significa l’ottavo posto in classifica dopo, nell’ordine il Regno Unito, i Paesi Bassi, una rimontante Spagna e la Svezia, la Germania e poi Portogallo, Austria e Belgio, Finlandia e Irlanda. Il valore 100 indica, la nazione più liberalizzata, concetto che nei criteri di Ibl comprende quattro variabili: la libertà d’ingresso nel mercato, la partecipazione azionaria dello Stato, i vincoli normativi e la mobilità della domanda, cioè la facilità per il consumatore di cambiare fornitore.
Inoltre, nei settori con infrastruttura (telefonia, elettricità, gas, ferrovie) è valutato il grado di separazione della rete dal gestore del servizio. Rispetto all’indice 2013 l’Italia guadagna tre posizioni, più per demerito altrui però: perdono quota Danimarca, Finlandia, Francia, Germania e Austria. In Italia il settore più aperto è quello delle telecomunicazioni (voto 87), il più chiuso il trasporto ferroviario (48): dove non si considera soltanto l’alta velocità, ma anche i treni locali e merci. Secondo posto all’elettricità (81), terzo alla televisione (75).

Nella telefonia mobile il mercato italiano è il più aperto d’Europa per la possibilità di cambiare operatore, con il 13,5% dei numeri di cellulare trasferiti nell’anno, il doppio di Francia e Danimarca (ma il fisso è ancora fermo al 4,6%). Accanto a Telecom (sue il 31,8% delle linee nel 2013, in calo dal 32,66% del 2012, dice la Commissione Ue) hanno trovato infatti equo spazio Vodafone (29,86%) e altri (38,3%). Nelle privatizzande
Poste non sembra cambiare nulla e resta scarsa la concorrenza per il trattamento di favore. Analoga situazione nel comparto dei benzinai: il decreto Monti, che toglie l’esclusiva nell’approvvigionamento consentendo l’aggregazione tra impianti per abbassare i prezzi, è ancora in buona parte lettera morta. Sui treni pesa la mancata separazione fra il gestore della rete Rfi e quello del servizio Trenitalia.

Da Bresciaoggi, 30 novembre 2014

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