L'uomo libero

"Il liberista tascabile", edito da IBL Libri, smaschera i liberali del piffero

28 Dicembre 2014

Monsieur

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Siamo nel Paese dei liberali. Nel senso che a parole quasi chiunque si dichiara tale, anche fascisti e comunisti più o meno (di solito meno) «ex» o «post». Certo, rimangono alcune simpatiche frange di indignati che tuonano contro il neo-liberismo selvaggio, il capitalismo rapace, l’imprenditore farabutto. Ma sono, appunto, simpatiche frange composte da gente, spesso sindacalisti, rimasti nel XIX secolo. Non hanno capito, o fingono di non aver capito, che l’Occidente, grazie al mercato, tra l’altro in una versione temperata da abbondante statalismo, ha raggiunto un livello di opulenza sconosciuto a qualsiasi altra civiltà. E questo vale anche per gli ultimi anni di crisi. Esistono, è ovvio, la disoccupazione, il precariato, i salari troppo bassi, la pessima gestione del passaggio dalla lira all’euro, la concorrenza globale: sono fatti. Nonostante tutto, il livello di vita non è paragonabile, neppure alla lontana, con quello dei nostri padri. E chi ha superato, non dirò la sessantina, ma addirittura la quarantina, sa di cosa sto parlando.

I liberali sedicenti di casa nostra hanno un difetto piuttosto imbarazzante: sono risolutamente contrari a qualsiasi riforma di stampo liberale. Vediamo se ho torto. Tutti i partiti vogliono la riduzione della spesa pubblica e l’abbassamento delle imposte. Tutti i partiti, dati alla mano, aumentano la spesa pubblica e le imposte. Al massimo, fanno il gioco delle tre carte. Ritocco verso il basso di qua, ritocco verso l’alto di là. Taglio un ente inutile e ne faccio rinascere due con altri nomi. Tutti i partiti sono per i processi rapidi e la certezza della pena. Risultato? Una delle peggiori giustizie europee, e non certo per colpa dei magistrati politicizzati, che pure ci sono e fanno danni. Tutti i partiti sono per il merito, l’abolizione del valore legale del titolo di studio o almeno la sussidiarietà nell’istruzione.
E quindi? Quindi gli scatti di carriera sono automatici, i pezzi di carta sono indispensabili per fare qualunque cosa e le scuole paritarie (non appena possibile) vengono danneggiate. Tutti i partiti vogliono semplificare legislazione e amministrazione pubblica. Per«semplificare» di solito producono tonnellate di nuove leggi e nuovi provvedimenti, che finiscono con l’accrescere l’incertezza e rendere impossibile la vita del cittadino. Peccato. Potrei andare avanti per pagine e pagine. Mi limito invece a consigliarvi un piccolo esperimento. Prendete il libretto Il liberista tascabile pubblicato come e-book dall’Istituto Bruno Leoni. Trattasi di aurea (e divertente) raccolta di aforismi provenienti dalle opere dei maggiori pensatori liberali e affini. Ci sono Hayek e Mises. Reagan e la Thatcher. Guareschi e Ricossa. E tantissimi altri.

C’è da scommettere che molti sedicenti liberali non si troverebbero d’accordo con nemmeno la metà delle frasi antologizzate. Riuscite a visualizzare un ministro italiano che dice una cosa come questa: «Cosa ho imparato, perciò, dopo quasi sei mesi da ministro? Soltanto, sembrerebbe, che sono praticamente inerme di fronte a un’onnipotente burocrazia senza volto» (James Hacker nella fiction britannica Yes Minister, 1981). Chiediamoci quanti sottoscriverebbero parole come queste: «Non si deve fare mediante le leggi quanto è possibile fare attraverso i costumi» (Montesquieu, 1716-1755). Chiediamoci anche come risponderebbe la maggioranza dei sedicenti liberali di fronte a serissime provocazioni della seguente portata: «Le persone perbene non devono obbedire troppo attentamente alla legge» (Ralph Waldo Emerson, 1844). Tutti concordi con Luigi Einaudi sul fatto che «la libertà economica è la condizione necessaria della libertà politica»? Mi permetto di dubitare. Tutti concordi con Margaret Thatcher che andò a dire al Collegio d’Europa: «Non abbiamo fatto arretrare le frontiere dello Stato in Gran Bretagna solo per vederle imporre di nuovo a livello europeo, da un nuovo super-Stato europeo che esercita un nuovo dominio da Bruxelles»? Mi permetto di dubitare una seconda volta. E la redistribuzione attraverso la tassazione? Trovatemi un politico disposto a definirla così: «La redistribuzione in realtà è una redistribuzione di potere dall’individuo allo Stato, piuttosto che, come si immagina, una redistribuzione di reddito dal più ricco al più povero» (Bertrard de Jouvenel, 1951). La specialità nazionale sono i liberali senza liberalismo e senza liberismo. Cioè i liberali del piffero.

Da Monsieur, 1 dicembre 2014

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