9 Maggio 2017
Il Sole 24 Ore
Franco Debenedetti
Presidente, Fondazione IBL
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Nella crisi Alitalia si è verificata una discontinuità, che è importante rilevare per le conseguenze su come verrà gestita.
Prima del referendum tra i dipendenti Alitalia del 24 aprile, i1 presidente Gentiloni era stato esplicito:«Non ci sono alternative, dovete votare sì». Appena noti i risultati, i ministri unanimi esprimono rammarico e sconcerto. A posizioni chiare: agli azionisti decidere che fare, al governo ridurre al minimo i costi per cittadini e viaggiatori.
Il ministro Calenda blocca sul nascere l’ipotesi di ri-nazionalizzare: le regole europee non lo consentono, governo e cittadini non lo vogliono. Susanna Camusso gli replica: la nazionalizzazione non è una buona idea, ma neppure un prestito ponte che porterebbe allo spezzatino; si usino risorse pubbliche (leggi CDP) per”indirizzare”Alitalia verso un’acquisizione da parte di una compagnia europea. Nulla di nuovo. È invece all’intervista del renziano Ettore Rosato che convien prestare attenzione: smentisce le voci la tentazione di Renzi di rinviare il problema Alitalia a dopo le elezioni politiche. Excusatio non petita?
Il 27 il Governo è lapidario: «Alitalia non diventerà dello Stato».Per il ministro Padoan esclusa la CDP, l’eventuale intervento dello Stato sarebbe finalizzato «esclusivamente a evitare l’interruzione delle attività, cioè lo stop dei voli». Il suo collega Delrio tronca netto: lasciamo stare Ferrovie, non è il suo settore. Resta la curiosità: a chi è venuto in mente? E sarà un caso se trai possibili commissari salterà fuori il nome di Mauro Moretti?
30 aprile: primarie Pd. Sui giornali leggiamo che Renzi, inattesa di essere eletto segretario, ha incontrato Gubitosi, in predicato di diventare commissario: vuole cambiare strategia annuncia «una proposta del Pd entro il 15maggio». Intanto dà la sua lettura dei fatti: Gentiloni ha sbagliato nel drammatizzare i toni del referendum, così provocando la reazione di piloti e hostess che ha spinto Alitalia sull’orlo del fallimento.
Il ministro Calenda, a Sky Tg24, prova a correggere il tiro: scarica sui manager dell’aviolinea le responsabilità dell’esito del referendum; “spera” che si eviti lo spezzatino e che si venda la compagnia tutta intera; lo scopo del prestito ponte è garantire i collegamenti in questa attesa.
I giornali del 3 maggio riportano il piano del Governo: il prestito sarà di 600 milioni, più di quanto si pensava ma, è ancora Calenda a dirlo, sono il massimo che potevamo fare. Gentiloni stesso ne precisa la finalità: soddisfare le esigenze di connettività, assicurare servizi a chi ha comperato biglietti. «Anche questa, ricorda, è la responsabilità di chi governa».
Il Corriere della Sera raccoglie alcuni punti del nuovo piano di Renzi: per il passato, la responsabilità è del management per il presente, un primo segnale della nuova strategia è il prestito «superiore alle attese, varato su pressing dei renziani»; per il futuro «avvantaggiarsi delle prime operazioni di contenimento dei costi» (in spending review siamo esperti) approvate da un referendum (idem) a cui richiamare i lavoratori. Commenta Calenda (a Radio anch’io): «Qualunque idea è benvenuta tanto più se arriva dal segretario del partito di maggioranza del governo».
D’accordo: Renzi è azionista di maggioranza, ma il Governo ha tutte le ragioni di risentirsi nel vedersi ingiustamente addebitata la colpa di aver scatenato la crisi, arbitrariamente aumentato l’importo stanziato, vagamente prospettato un percorso di risoluzione di cui la sola cosa certa è che sarà diverso a quello che aveva previsto, e per giunta ammonito che, dopo le primarie, questi interventi saranno la regola.
Ma ha ancor più ragione di risentirsi il cittadino: aveva visto un Governo che sbarra le solite porte— nazionalizzazione, CDP, Ferrovie — che capisce che suo mestiere non è gestire un’azienda ma assicurare un servizio. E invece l’iniziativa del futuro segretario Pd lo fa ripiombare nell’attesa di un piano indefinito, in cui risuonano echi di parole già udite tante volte e tanti miliardi fa, ma dove manca quella di “vendita”.
Con Alitalia le abbiamo provate tutte, pubblico, privato, da soli, con le Poste (ah, le sinergie!), con un partner di stazza; non abbiamo lesinato soldi (più di 7m1d); nel frattempo il mercato è cambiato in modi che inesorabilmente tagliano fuori vettori come Alitalia: se c’è in caso in cui sappiamo proprio tutto è questo. E ci si chiede di aspettare ancora due settimane?
I cittadini di questo Paese non hanno bisogno dei miracoli di un taumaturgo, hanno bisogno della guida di chi riconosce la realtà dei fatti, anche quando sono duri, e che non rifugge dall’affrontarne le conseguenze, anche quando sono spiacevoli. È quello che fanno loro con i loro problemi: così tengono in piedi il Paese.
Da Il Sole 24 Ore, 9 Maggio 2017