L'azione antitrust non guarda ai consumatori

La multa ad Amazon servirà perché le persone abbiano più scelte e prezzi più bassi?

19 Gennaio 2022

World Excellence

Alberto Mingardi

Direttore Generale

Argomenti / Diritto e Regolamentazione

Dopo molti decenni in cui l’autorità garante della concorrenza e del mercato ha aderito al principio del benessere del consumatore, i regolatori hanno iniziato a esplorare nuove opzioni per tenere a freno le big tech. Ma, a giudicare dalla recente multa imposta alla società fondata da Jeff Bezos, i player più bravi potrebbero presto essere puniti per il loro successo

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) ha multato Amazon per 1,13 miliardi di euro per aver abusato della sua posizione dominante sul mercato e aver costretto i venditori terzi a usare il suo servizio di logistica interno. La sanzione è davvero ragguardevole, anche per una società enorme come Amazon, che ha avuto un fatturato globale di 380 miliardi di dollari nel 2020 ma un utile netto di 21,3 miliardi di dollari.

La decisione dell’Agcm è destinata a risultare “popolare”, dal momento che c’è un ampio consenso sul fatto che bisogna fare qualcosa circa lo sfruttamento da parte delle aziende big tech dei dati delle persone e il loro potere di spazzar via altri modelli di business. Fin dalle “guerre dei browser” degli anni Novanta, le implicazioni di mercato delle nuove tecnologie sono state considerate una questione che dovesse dirimere l’Antitrust.

Durante la presidenza Clinton, le autorità antitrust prendevano Microsoft, accusandola di sfruttare la sua posizione dominante nel campo dei sistemi operativi desktop per assicurare analogo successo al browser internet Explorer. In effetti, ora sappiamo che, sebbene il browser concorrente (Netscape) non sia sopravvissuto, il dominio di Microsoft era lì lì per finire, proprio quando i regolatori e il pubblico lo temevano di più.

All’epoca, gli zelanti “trustbuster” erano osteggiati da economisti e giuristi della “Scuola di Chicago” che sostenevano che i regolatori antitrust dovrebbero essere guidati dal concetto di benessere del consumatore, piuttosto che da qualche calcolo astruso del numero ottimale di concorrenti in un settore. Ma non ci sono considerazioni sul benessere dei consumatori nella recente sentenza italiana.

Amazon è sia un rivenditore che una piattaforma, perché offre un mercato dove i consumatori possono confrontare le opzioni e comprare il prodotto che preferiscono, e dove le piccole imprese possono raggiungere più consumatori di quanti ne avrebbero mai avuti prima. L’Agcm ha multato Amazon come marketplace, in quanto richiede ai venditori che vogliono beneficiare del suo servizio Prime di iscriversi anche al suo servizio di logistica, Fulfillment by Amazon (Fba).

Poiché gli abbonati Prime ricevono la spedizione gratuita e la consegna rapida dei pacchi per le merci selezionate, molti commercianti sono disposti a pagare Amazon per assicurarsi che i loro prodotti rientrino in questa categoria (il che consente di finire in vetrina durante promozioni come il black friday, cyber monday e prime day). La multa servirà perché le persone abbiano più scelte e prezzi più bassi?

Non è sorprendente che Amazon leghi questi due servizi insieme. Per mantenere le sue promesse agli abbonati Prime, deve garantire consegne puntuali, e il modo migliore per farlo è avere il controllo diretto della logistica. Questo approccio non è certo unico nell’economia digitale o nelle big tech. Amazon ha a che fare con un problema di base della distribuzione commerciale. Un’azienda può garantire una consegna veloce solo nella misura in cui pensa di poter mantenere quella promessa. Altrimenti, il suo modello di business sarebbe in balia di variabili fuori dal suo controllo, come l’affidabilità dei fornitori o l’efficienza del servizio postale.

Sorprendentemente, l’Agcm ha multato Amazon proprio perché l’azienda ha ben presente questo problema. Il successo di un marketplace dipende dalla sua reputazione, e Amazon ha puntato la reputazione della sua piattaforma sull’affidabilità. Un record di affidabilità richiede molto tempo per essere costruito, e inevitabilmente pone l’ostacolo più alto per i nuovi operatori del mercato. Dichiarando che la relazione tra il servizio Prime di Amazon e la sua infrastruttura logistica è un abuso, i regolatori italiani suggeriscono che le due cose possano essere separate.

Sulla base di questa teoria per cui Amazon starebbe uccidendo la concorrenza dei corrieri indipendenti (anche se presumibilmente meno affidabili), l’Antitrust ha ordinato alla società di permettere ai commercianti di entrare in Prime senza richiedere loro di iscriversi a Fba.

Gran parte della sentenza di 250 pagine è un’ampia ricognizione su come funziona Amazon. Gli autori se la prendono con il rivenditore che offre «una soluzione one-stop shop per lo stoccaggio, la spedizione e il servizio clienti» all’interno di «un ecosistema chiuso e completo». Eppure acquirenti e venditori sembrano apprezzare la convenienza del sistema di Amazon.

Dopo tutto, la quota di offerte totali da parte di venditori terzi è cresciuta costantemente nel corso degli anni, dal 40% nel 2013 al 56% nel 2021. Il marketplace di Amazon ha creato nuove opportunità per i venditori di nicchia, permettendo loro di raggiungere clienti in tutto il mondo.

Nelle interviste con le autorità antitrust italiane, i venditori terzi hanno confermato che far parte di Prime aiuta i loro prodotti. La sentenza dell’Agcm sostiene che gli abbonati Prime in Italia tendano a spendere almeno il doppio sulla piattaforma rispetto ai non abbonati. Rileva che mentre altri marketplace hanno investito in modo sostanziale per portare i loro servizi a un livello paragonabile a quello di Amazon, non riescono ancora a raggiungere la sua scala di mercato.

I marketplace godono di un vantaggio sostanziale rispetto ai siti web proprietari, e come marketplace più visitato, Amazon gode del più grande vantaggio di tutti. Quindi, l’Agcm conclude che dovrebbe essere sanzionata.

La sentenza sarà accolta come una possibile soluzione per i tanti problemi sollevati da big tech, e potrebbe aprire la porta a simili azioni antitrust altrove. Ma il punto di vista del consumatore è considerato solo nella misura in cui «si riflette nelle preferenze dei rivenditori», cioè nella scelta dei venditori di avvalersi dei mercati di consumo a cui Amazon fornisce l’accesso.

E dove si colloca il principio del benessere dei consumatori? La multa servirà perché le persone abbiano più scelte e prezzi più bassi? Queste domande rimangono senza risposta, perché non sono state nemmeno poste. L’Agcm ha fatto un complimento imbarazzante e costoso al braccio logistico di Amazon. In questa nuova era dell’antitrust, il consumatore non sembra essere nemmeno considerato.

da World Excellence, luglio/dicembre 2021

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