L'economista pasionaria anti-Piketty: "Solo il liberismo elimina la povertà"

Deirdre McCoskey attacca la tassa sui ricchi del collega francese: "Il capitalismo funziona meglio del socialismo e delle ricette redistributive di Papa Francesco"

14 Novembre 2016

La Repubblica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

La supertassa per i ricchi di Thomas Piketty? “Un errore figlio dell’invidia sociale”. L’aumento delle disuguaglianze nell’era del capitalismo? “Un falso mito. Il libero mercato ha aumentato del 3.000% la ricchezza del pianeta in due secoli. Se impiccare i banchieri e portar via soldi ai ricchi rendesse il mondo più equo, sarei la prima a dire sì. Ma non è così. Le ricette socialiste come quelle di Papa Francesco non funzionano. Solo i liberisti sanno come combattere la povertà”. Deirdre McCloskey, 73enne economista americana di origine scozzese, non ha paura ad andare controcorrente. A 16 anni – ipse dixit – “ero socialista alla Joan Baez”. Oggi, complici anni di insegnamento alla “Scuola di Chicago”, è diventata una delle massime vestali del libero mercato. Fino a 52 anni era un uomo di successo, di nome faceva Donald, felicemente sposato e con due figli. Adesso – dopo il “crossing” come lo chiama lei – è una donna di successo (è in Italia per ritirare il Premio Bruno Leoni), cui consorte e prole non rivolgono la parola da vent’anni. In trincea con piglio da pasionaria per difendere “dal pessimismo della sinistra” le virtù del capitalismo.

L’economia è fatta di numeri. Oggi 62 miliardari possiedono la stessa ricchezza della metà del mondo più povera. Non le pare un cattivo biglietto da visita per il liberismo?
No. Gli ultimi due secoli, quelli dove più si è sperimentato il libero mercato, hanno reso più ricca gran parte dell’umanità. In Europa e Giappone la disuguaglianza è oggi inferiore a quella di inizio del XX secolo. Mentre è aumentata di recente, e in misura modesta, solo in Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada. Il reddito disponibile invece è balzato del 3.000% da quando lo stato si è fatto più leggero e la gente ha potuto liberare la propria creatività.

Tanti soldi, ok, ma finiti nelle tasche di pochi….
Tutt’altro. Il “grande arricchimento”, come lo chiamo io, ha ridotto drasticamente la povertà. Quasi tutti in Europa hanno oggi i beni essenziali – un tetto sulla testa, il diritto a istruzione e salute – negati in passato. Quando sono venuta in Italia nel ’58 la gente aveva al massimo uno scooter, frequentava poco l’università e pativa in qualche caso la fame. Oggi non è più così. E non per merito dello Stato ma a grazie a chi ha creato questa ricchezza, gente come Adriano Olivetti o l’inventore della Vespa.

Sarà. Ma in Italia ci sono ragazzi con una laurea costretti a sbarcare il lunario consegnando pranzi a domicilio con paghe da fame. E l’Europa non cresce. Come lo spiega?
Succede perché nei paesi come il vostro ci sono troppi laccioli che frenano il mercato del lavoro. Ai ragazzi dico di battersi contro i protezionismi che frenano gli investimenti esteri, contro le norme che tutelano i più vecchi e contro chi boicotta l’innovazione di Uber. Serve il diritto a licenziare per garantire il diritto di assumere. Vale per l’Italia ma anche per l’Europa. La Ue cresce poco e male perché ci sono troppe regole anche sul tema ambientale, c’è un po’ di corruzione e in alcuni paesi un settore pubblico ipertrofico e inefficiente.

Ha appena scritto un libro (“La crescita e le idee”) per spiegare – come dice il sottotitolo – “Perché la storia dà torto a Piketty” e alle sue proposte per redistribuire la ricchezza nel mondo. Lo spieghi anche a noi
A Piketty rimprovero due cose. La prima è che soldi, case e patrimonio non sono l’unica forma di capitale. Anzi. Il vero capitale è quello “umano”, fatto di talento, idee, educazione scolastica e opportunità. Che Piketty ignora e invece genera reddito. Nessuno, per dire, criminalizza un bravo calciatore perché guadagna molto. La seconda è l’idea che redistribuire la ricchezza serve a ristabilire giustizia sociale. Togliere un po’ di soldi ai miliardari o alle banche per darli a chi ne ha di meno cambierebbe poco lo status dei poveri. E sarebbe un regalo una tantum. Lo fai una volta e basta.

Perché?
Perché così soffochi lo stimolo a creare valore e fai scappare chi produce ricchezza per tutti. La chiave invece è far crescere la società in maniera vigorosa, garantendo a tutti – come diceva Adam Smith – uguaglianza, libertà e giustizia. Così il reddito sale ogni anno e per tutti. Innovatori e imprenditori, secondo William Nordhaus, si mettono in tasca solo il 2% del valore sociale delle loro invenzioni. L’altro 98% dei benefici viene spalmato sul resto della società.

Anche Papa Francesco parla della necessità di redistribuire le ricchezze.
Lui è una grande persona. Ma è figlio della cultura del cattolicesimo sociale, quella che vede un mondo a somma zero. Dove io posso stare meglio solo se tu stai un po’ peggio. Non è così. Se l’economia va, tutti stanno meglio. La redistribuzione non fa i poveri più ricchi. Dividere equamente una torta piccola è meno efficiente che far crescere la torta. Quello può farlo solo il mercato, garantendo i beni essenziali a tutti. E fino ad oggi, lo dicono i numeri, questo meccanismo ha sempre funzionato.

Cosa pensa della vittoria di Trump alle elezioni?
E’ una tragedia. Anche gli Usa ora avranno il loro “Berlusconi moment”. Per fortuna Trump è pigro come Silvio e alla fine forse farà meno danni del previsto. Pensi che disastro un Trump energico e iperattivo alla Casa Bianca….

Da La Repubblica-Economia, 12 novembre 2016

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