«È la ovvia conseguenza di provvedimenti spot, come il bonus da 80 euro, che si sovrappongono con l’esistente». Così l’economista Nicola Rossi, consigliere dell’Istituto Bruno Leoni, ha commentato con Il Giornale la singolare circostanza che si sono trovati e (dopo la vigenza degli aumenti contrattuali) si troveranno a vivere molti docenti italiani: costretti a restituire il bonus da 80 euro proprio perché lo «scatto» farà perdere loro la detrazione causa superamento della soglia reddituale.
«Sono cose che accadono quando non si ha una visione d’insieme del contesto fiscale e si agisce con questo tipo di politiche», aggiunge Rossi ricordando che il bonus da 80 euro, quando non è oggetto di restituzione come nel caso degli insegnanti, «viene speso solo parzialmente perché alcuni lo destinano al risparmio». Con le altre regalie lanciate dal governo Renzi «succede anche di peggio perché con il bonus cultura o con quella per la formazione dei docenti si crea un mercato secondario con il quale si cerca di rivendere» e, quindi, di monetizzare queste risorse. Ecco perché l’economista suggerisce «un vero ripensamento del sistema fiscale perché, così com’è, non funziona bene» penalizzando, in questi casi, anche chi non ha redditi elevati.
«Attualmente il bonus da 80 euro viene percepito dal 43% dei dipendenti del comparto scuola», spiega Maddalena Gissi, segretario generale Cisl Scuola, precisando che con gli aumenti contrattuali «la percentuale dovrebbe scendere attorno al 35%» penalizzando soprattutto gli assistenti amministrativi con più anni di anzianità. «Nelle buste paga di febbraio – osserva Gissi – hanno dovuto subire il conguaglio del bonus coloro che hanno visto aumentare la propria retribuzione o che hanno realizzato attività aggiuntive retribuite a parte». Il salario medio del comparto scuola, ricorda, è di circa 27mila euro annui e gli 80 euro sono destinati ai collaboratori (21-22mila euro annui) o ai docenti immessi in ruolo (22-23mila euro).
L’innalzamento delle soglie del bonus (da 24mila a 24.600 euro per ottenere tutti i 9.600 euro annui e da 26mila a 26.600 euro per la versione light) non «salverà» tutti e probabilmente colpirà i cinquantenni con una cospicua anzianità di servizio.
«Il problema è che moltissimi insegnanti si attestano nella fascia 24-26 mila euro e quindi potrebbero essere coinvolti dal “finto” aumento: in sostanza si lavora di più ma gratis», osserva Paolo Capone, segretario generale Ugl. «È una realtà amara sulla quale il governo deve intervenire per evitare che il sistema dell’istruzione, già abbondantemente deteriorato, subisca ulteriori danni», conclude spostando il confine più in là verso le trattative per il futuro rinnovo contrattuale. Il contratto da poco siglato, infatti, copre il triennio 2016-2018 e scade il 31 dicembre.
Da Il Giornale, 22 febbraio 2018