L’ultimo dei super-commissari. Il film dei 365 giorni da Mr. Forbici di Carlo Cottarelli, potrebbe intitolarsi così. Il suo ruolo, già ricoperto da Piero Giarda e da Enrico Bondi, sarà definitivamente cancellato. Erano mesi che si sapeva che il primo novembre l’ormai ex commissario alla spending review sarebbe tornato a Washington, al Fondo Monetario Internazionale. Nominato da Enrico Letta e dallo stesso dotato di «super poteri» per tagliare la spesa pubblica, con il nuovo inquilino di Palazzo Chigi, Matteo Renzi, non si è mai preso. Non tanto perché Cottarelli era stato scelto dal suo predecessore. Piuttosto per la filosofia di fondo del renzismo, per cui le decisioni, quelle importanti, le prende la politica e non i tecnici. Su questo punto l’attrito tra i due era diventato palpabile a fine luglio quando in un post sul proprio blog intitolato «La revisione della spesa come strumento per il finanziamento di nuove spese» Cottarelli aveva denunciato l’utilizzo preventivo di risparmi non ancora ottenuti per autorizzare nuove spese. Il riferimento era ai professori «quota 96», il cui pensionamento era stato finanziato (e dopo le proteste, definanziato) con i futuri tagli della spesa. La risposta di Renzi non si era fatta attendere: «La spending review si farà con o senza Cottarelli». Concetto ribadito in una lettera ai parlamentari della maggioranza datata 6 agosto: «Ci hanno detto che la spending è una questione tecnica, ma è una finzione, la scelta di cosa tagliare e cosa non tagliare è la suprema scelta politica».
In realtà si era già capito prima, fino quasi da subito, che la convivenza non sarebbe stata semplice. Già marzo, quando erano trapelate le prime bozze della spending review targata Cottarelli, la tensione era salita alle stelle. Nei documenti del commissario c’erano misure draconiane, ma politicamente insostenibili: 85 mila esuberi nel pubblico impiego, tagli alle pensioni da 3 mila euro in su, l’accorpamento delle Forze di polizia, sforbiciate agli stipendi dei dirigenti pubblici.
GLI ATTRITI
Un terremoto del decimo grado della scala Mercalli. Subito tamponato da Renzi con il commissariamento del commissario. Prima la secretazione di tutti e 25 i dossier sui tagli alla spesa messi a punto dal Commissario e dai suoi collaboratori. Poi la supervisione sul lavoro di Cottarelli da parte dei consiglieri economici di Palazzo Chigi. Cosa rimane del progetto che doveva servire nelle intenzioni a tagliare 18 miliardi di euro di spesa nel 2015 e 36 miliardi nel 2016?
Ospite martedì dell’Istituto Bruno Leoni, Cottarelli ha fatto il punto sul lavoro svolto da quando è giunto a Roma. L’azione di revisione della spesa a suo dire si è concretizzata in tre momenti: l’approvazione del decreto legge 66 (quello degli 80 euro), la riforma della Pubblica Amministrazione e la Legge di Stabilità 2015. Risultato? I tagli prodotti dal giorno del suo arrivo ammontano a una cifra compresa tra gli 8 e i 14 miliardi di euro. Ma tra 8 e 14 miliardi c’è una bella differenza.
La spending review, ha sottolineato perciò Mr.Forbici, ora è nelle mani degli enti locali: più s’impegneranno a raggiungere il risparmio richiesto, ha spiegato, e più sarà importante la cifra prodotta dalle sforbiciate. I tagli serviranno a finanziare nuovi progetti, come «la buona scuola», riforma che sta particolarmente a cuore a Renzi. Anche su questo, in realtà, tra premier e commissario c’è una differenza di vedute. Cottarelli avrebbe utilizzato le risorse in questione per allentare ulteriormente la pressione fiscale. Ma tant’è. Vista da Washington la spesa pubblica italiana è solo un punto lontano.
Da Il Messaggero, 2 novembre 2014