La conoscenza è la questione centrale del nostro tempo. Chi informa i decisori politici? Su quali conoscenze le classi dirigenti confezionano le loro leggi? E gli elettori, quando vanno a votare, su cosa fondano le loro informazioni? Ammoniva James Madison (1751-1836), politico e politologo americano: «Un governo popolare senza informazione popolare o senza gli strumenti per raggiungerla , non è che il prologo di una farsa o di una tragedia, probabilmente di entrambe. La conoscenza dominerà sempre l’ignoranza. E un popolo che vuole governarsi da sé deve armarsi del potere che procura la conoscenza».
Non sappiamo perché il primo ministro greco Alexis Tsipras abbia voluto coinvolgere il popolo greco in una decisione (di fatto: il sì o il no all’euro) che, invece, il popolo greco, portandolo al governo, aveva affidato a lui. Sta di fatto che lo stesso Tsipras ha poi sconfessato il verdetto del referendum, accettando un piano di restrizioni di gran lunga più pesante di quello iniziale. Probabilmente Tsipras pensava che di fronte à no dei greci (uno strappo che avrebbe potuto provocare altre lacerazioni nella zona euro), i governanti tedeschi si sarebbero spaventati e avrebbero attenuato la linea di rigore contro la Grecia. Invece, si è verificato l’opposto. Soprattutto il ministro dell’economia di Berlino ne ha approfittato per rovesciare il tavolo: «Cari greci, o fate come vi diciamo, o andate via dall’euro. Anzi, se sceglieste di andarvene sùbito, fareste la cosa migliore». Gira e rigira, la tragedia greca del quasi default è nata è si è sviluppata sul deficit di conoscenza che, alla fine della storia, è risultato persino più grave del mostruoso debito pubblico accumulato dal governo di Atene.
Un politologo di origine russa, Ilya Somin, emigrato da bambino negli Stati Uniti, ha dato alle stampe in edizione italiana un saggio, edito dall’Istituto Bruno Leoni, dal titolo quanto mai attuale: «Democrazia e ignoranza politica». L’asimmetria informativa, infatti, costituisce il principale pilastro a sostegno della democrazia rappresentativa. In una società sempre più complessa e inafferrabile una comunità non può conoscere tutti i vari aspetti di un problema, di qui la necessità di scegliere rappresentanti in grado di decidere su delega ricevuta.
Il paradosso è che le classi dirigenti, anziché accettare in pieno il mandato conferito loro dai cittadini, diventano ogni giorno di più schiave del web e dei sondaggi, consultati come oracoli infallibili. E se e quando non si fidano dei sondaggi, ricorrono alla consultazione referendaria. Per cui le moderne democrazie vanno evolvendo verso formule inedite in cui la sondaggiocrazia recita la parte della regina.
Ma chi informa chi? E su che cosa? Somin spiega che «le persone prendono decisioni migliori e più consapevoli se percepiscono in maniera evidente che la loro scelta avrà ricadute dirette sulla propria vita, come avviene per le decisioni che assumono, da consumatori, sul mercato». Morale, un conto è decidere sull’ultimo modello di tablet o di lavatrice, un conto è decidere sulla politica economica di uno Stato o di una confederazioni di stati. Anzi, più uno Stato allarga la sua sfera d’influenza, più decide di occuparsi di tutto, più rende difficile per il cittadino-elettore decidere a ragione veduta, ossia padroneggiando alla meglio i problemi che la futura classe eletta sarà chiamata a risolvere. Solo uno Stato snello, spiega Somin, può rendere la democrazia meno vulnerabile ai pericoli rappresentati dall’ignoranza politica. Uno Stato obeso, invece, riduce la possibilità, per la gente comune, di comprendere e approfondire le principali questioni sul tappeto. Col pericolo, sempre più incombente, di essere chiamata a sbrogliare la matassa quando la classe politica, per timori demoscopici, preferirà lavarsi le mani come Pilato.
È un circolo vizioso: più lo Stato s’ingrossa, più aumenta l’ignoranza politica di eletti ed elettori, a causa della moltiplicazione e della ulteriore complessità dei problemi; ma più aumenta l’ignoranza, più lo Stato, cioè la classe politica, si affida ai disinformati per affrontare ogni tipo d’ostacoli. Con tanti saluti alla democrazia rappresentativa che costituisce la base della moderna libertà. Ecco perché lo Stato magro è portato a sbagliare di meno. Non corre il rischio continuo di ritrovarsi nella condizione di cui sopra. Uno Stato magro non corre il pericolo di dover ingaggiare leader populisti, il cui motto evoca la linea rinunciataria di un maggiorente francese degli anni Trenta: «Sono il vostro capo, vi seguo». Con tutte le conseguenze, e le reazioni (inconsulte), che una situazione simile lascia immaginare.
Batti e ribatti, il deficit di conoscenza o, se vogliamo, il surplus d’ignoranza politica, rendono necessaria una rimonta da parte delle classi dirigenti. Che invece preferiscono nascondersi davanti ai problemi per declamarli solo se c’è una telecamera nei dintorni. O, come va di moda adesso, preferiscono chiamare il popolo della Rete a pronunciarsi. La Grecia, ma la prospettiva potrebbe riguardare pure l’Italia, si è ridotta così anche per questo: più Stato padrone, più ignoranza politica, meno democrazia rappresentativa e decidente. Un cocktail esplosivo.
Da La Gazzetta del Mezzogiorno, 19 luglio 2015