L'illusione svizzera di fermare il mercato

La pretesa di fissare una soglia arbitraria al cambio euro-franco priva il mercato di uno strumento informativo cruciale

19 Gennaio 2015

La Provincia

Carlo Lottieri

Direttore del dipartimento di Teoria politica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

La decisione della banca centrale svizzera (Bns) di abbandonare la soglia minima del cambio tra euro e franco svizzero è giunta, al tempo stesso, in maniera inaspettata e prevedibile. “Inaspettata”, perché ancora dieci giorni fa le autorità della Bns avevano dichiarato irrinunciabile questa difesa del cambio; “prevedibile”, perché quella condotta non poteva essere praticata troppo a lungo senza comportare un costi troppo alti.

Con un’Europa in tali difficoltà e con la volontà di risolvere per via monetaria la questione dei debiti pubblici, era quasi fatale che gli svizzeri abbandonassero quella strategia. L’errore non è stato commesso nelle ultime ore, ma negli anni precedenti, quando si è coltivata l’illusione di opporre resistenza a un mercato globale che deprezzava l’euro e voleva orientarsi verso il franco.

In questo modo, per giunta, si sono danneggiati alcuni settori (i risparmiatori, ad esempio) e favorito taluni altri (il turismo o l’industria esportatrice). Le conseguenze dì quell’errore e anche della correzione compiuta ora si faranno sentire, ma non tutte saranno negative. Certamente ne soffrirà la borsa, che ha già perso più dell’ 8%. Manipolare i livelli di cambio produce alterazioni dei prezzi e quando poi si smette d’interferire con il mercato è normale che si abbiano simili tonfi. Ne soffrirà anche l’industria proiettataverso l’export, che infatti ora attacca con forza la leadership della Bns. Ma tutto questo dovrebbe essere più che compensato, almeno nel medio termine, dagli effetti positivi.

La Svizzera dipende moltissimo dall’estero e importa, ad esempio, quasi tutte le materie prime. Con un franco forte si comprerà con più facilità e questo aiuterà l’economia nel suo insieme. Per giunta, un franco forte rende ancora più attrattiva la Svizzera per quei numerosi giovani di tutta Europa ad alta qualificazione che, in questi anni, hanno dato un contributo rilevante al successo della confederazione. Il franco sganciato dalla soglia dell’1,20, quindi, non soltanto rende più ricchi gli svizzeri, quanti sono retribuiti o hanno risparmi in CHF, ma può dare anche prospettive positive all’intera economia elvetica.

Il punto cruciale, comunque, è un altro. La pretesa di fissare una soglia arbitraria al cambio euro-franco era un modo per manipolare i prezzi, e quando si alterano i prezzi si priva il mercato di uno strumento informativo cruciale: di una condizione fondamentale a comportamenti razionali. Anche la settimana scorsa era chiaro a tutti che le prospettive della Svizzera era assai migliori di quelle dell’area-Euro e che il franco valeva assai di più di quanto non fosse scambiato. Negare tutto ciò sulla base di illusioni tecnocratiche e discutibili teorie economiche ha causato gli sconquassi in borsa e non solo di queste ultime ore.

La speranza è che gli svizzeri e gli europei tutti imparino la lezione. Ridistribuire ricchezza con la manipolazione della moneta non è solo ingiusto: è anche economicamente sbagliato. Prima o poi c’è una bolletta da pagare.
L’augurio è che non sia troppo salata e che il ritorno alla realtà, che comporta anche molti benefici, aiuti gli attori economici a riorganizzare la produzione su basi più razionali.

Da La Provincia, 17 gennaio 2015

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