Il lavoro presentato sulle colonne del Sole 24 Ore da Nicola Rossi e dall’Istituto Bruno Leoni è, finalmente, una proposta organica di ristrutturazione e semplificazione del nostro sistema fiscale. Prevede l’introduzione di una flat tax del 25% per tutte le principali imposte del nostro sistema tributario (Irpef, Ires, Iva), l’abolizione dell’Imu e dell’Irap e un “minimo vitale” da assegnare a chi non raggiunge determinate soglie di reddito. Si tratta di una base importante per un lavoro che le forze politiche devono valutare nei suoi effetti sociali ed economici. Ma è, anche, una proposta che implica scelte. In questa legislatura abbiamo assistito a continui aggiustamenti inflitti ad un sistema fiscale ormai fallito. Piccoli continui cambiamenti che hanno aumentato il grado di incertezza e precarietà del nostro sistema fiscale: non basta rimodulare un’aliquota, elargire bonus finanziati con a debito o aggiungere qualche detrazione.
Soluzioni del genere, al contrario, deludono le aspettative dei contribuenti, alimentando il voto di protesta. È qui che la politica ha fallito. Nella mancanza di visione, del coraggio di decidere. Sono quei piccoli aggiustamenti pavidi che generano la rabbia nella società. La rabbia degli imprenditori tassati e soffocati da una burocrazia inefficiente e da un sistema fiscale astruso, ignorante, arrogante e non rispettoso del loro lavoro. La rabbia di chi lavora che vede più della metà della ricchezza prodotta assorbita dallo Stato che non restituisce servizi di qualità. La rabbia di chi possiede la casa, che il legislatore considera una colpa. La rabbia di chi non ce la fa, e che vorrebbe uno Stato efficiente ed una società solidale che possa aiutare ad uscire dalla condizione di povertà.
Nel merito, la proposta riforma il fisco nella direzione giusta: quella di ridurne la progressività del sistema, spingendo in questo modo le persone a creare crescita e benessere. Allo stesso tempo, la proposta introduce finalmente un processo di graduale mutamento del nostro welfare, oggi incredibilmente costoso e inefficiente, con un sistema di protezione universale per chi non supera una determinata soglia di reddito, capace di tutelare davvero i più deboli. Questo è quello che dovrebbe fare lo Stato: liberare le energie di persone, famiglie e imprese dall’eccesso di tasse e burocrazia, e contemporaneamente proteggere chi non ce la fa. L’opposto di quello che fa oggi.
La proposta ha anche un indubbio valore politico. Il centrodestra dovrebbe unirsi su programmi chiari, condivisi e coraggiosi di riforma del Paese. Non basta vincere le elezioni, se poi non si riesce a governare perché non si è d’accordo su nulla. E dunque, dato che una riforma fiscale ispirata alla flat tax è stata avanzata anche dalla Lega Nord e da Forza Italia, la mia proposta è che il centrodestra prenda come base la riforma elaborata dall’Istituto Bruno Leoni, perché diventi l’obiettivo, chiaro e ambizioso, da realizzare nel corso della prossima legislatura. Un chiaro obiettivo su cui chiedere un mandato ai nostri elettori, per un governo liberale e popolare che si appresti a rivoluzionare davvero il Paese.
La prossima legislatura dovrà essere dedicata a ricostruire il nostro sistema fiscale per renderlo equo, semplice, efficiente e leggero. Dovrà essere fatto ripensando al funzionamento dello Stato e dei suoi costi e al nostro sistema di welfare che dovrà essere in grado di aiutare tutti coloro che hanno bisogno, spostando il baricentro dallo Stato alla società, liberando risorse private e capacità di assistenza e aiuto delle comunità.
Il primo giorno della prossima legislatura il Governo dovrà proporre al parlamento questa grande riforma in modo che nei cinque anni successivi questa possa essere messa in opera concretamente. Abbiamo cinque anni di tempo per ridurre la spesa pubblica, ridurre il debito e far crescere l’economia e l’occupazione. Le forze politiche liberali e popolari devono chiedere un mandato esplicito ai propri elettori per avviare da subito questa grande riforma.
Da Il Sole 24 Ore, 8 Luglio 2017