La follia lucida del reddito di cittadinanza

Questa “paghetta di Stato” si sommerebbe e non si sostituirebbe al complesso della “socialità” di Stato

18 Maggio 2015

IBL

Argomenti / Diritto e Regolamentazione

La follia, per usare il termine usato da Renzi, del reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 stelle non sta nel volerlo riconoscere a tutti, come lui ha motivato. E’ nella proposta in sé, nella sua motivazione, nella confusione concettuale, nel corredato ideologico di cui si fa portatrice, e, ovviamente, nell’architettura necessaria a realizzarla, a partire dalle fantasie di copertura.

Questa versione del reddito di cittadinanza mira a garantire l’inclusione e l’integrazione sociale di chi non ha lavoro o non ha un reddito sufficiente a garantirgli una vita dignitosa. Un numero crescente, secondo i sostenitori della proposta, e causato non da una crisi occasionale o ciclica, ma dal fatto che il capitalismo globale è giunto a un punto di non ritorno. Il “culto del lavoro per il profitto” sarebbe un insulto alla nostra umanità.

Il reddito di cittadinanza non sarebbe soltanto una misura di contrasto della povertà, da sommare oppure da sostituire alla complessa articolazione dello Stato sociale. Sarebbe piuttosto la leva per un cambiamento culturale. Servirebbe a farci comprendere che non viviamo per lavorare: “Poco lavoro, molto tempo a disposizione e Reddito di Cittadinanza. Un mondo nuovo! Un mondo straordinario! Un grande mondo!”, ha scritto Grillo prima della marcia di Perugia. Ammesso che resti in Italia qualcuno disponibile a continuare a pagare per tutti.

Non ci scandalizzerebbe affatto che si ragionasse di cambiare la forma dello Stato sociale, spostando risorse dall’aiuto “in natura” all’aiuto “in denaro”. 

Ma questa “paghetta di Stato” si sommerebbe e non si sostituirebbe al complesso della “socialità” di Stato. L’Italia ha già strumenti, anche reddituali, per aiutare i poveri e i bisognosi che non sono in grado, temporaneamente o perennemente, di provvedere a sé (assegni di invalidità, indennità di disoccupazione, etc.). Sommando a questi strumenti il reddito garantito, si renderebbe ancora più stringente la dipendenza morale e materiale da una “benevola” burocrazia. 

L’impalcatura immaginata dalla proposta dei pentastellati è più fragile di un castello di carte. Le coperture individuate sono numeri a caso, che non considerano la domanda potenziale e che assegnano somme casuali a tagli di spesa ideologicamente individuati (ad esempio il taglio alle spese degli organi costituzionali, che non può essere deciso per legge, o del due per mille ai partiti, che è un contributo volontario).

Ma c’è del metodo in questa follia. Lo stesso Renzi si è reso disponibile a discutere dell’inserimento del reddito di cittadinanza a partire dalla prossima finanziaria. Ogni volta che un’idea che propone più redistribuzione si fa breccia in politica, il ceto politico trova il modo di perseguirla per gradi, attraverso mediazioni che assieme non tolgono un ette alla potenza evocativa dell’opzione rivoluzionaria, ma conferiscono potere e risorse aggiuntive alla burocrazia.

In un Paese dove la spesa pubblica è la pietra dello scandalo su cui stiamo sacrificando la nostra e le generazioni future, dovrebbe essere scandaloso anche solo immaginare di aumentarla ulteriormente. Siamo facili profeti: il reddito di cittadinanza sarà solo una nuova scusa per aumentare il peso dello Stato, lo si realizzi o meno nella forma cara agli utili idioti che lo propongono.

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