La lezione di Bruno Leoni, non c’è libertà senza (vero) diritto

E' di nuovo disponibile la più importante opera di Leoni, con una nuova traduzione e un titolo diverso: La libertà e il diritto (Liberilibri)


9 Agosto 2024

La Ragione

Carlo Marsonet

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Bruno Leoni (1913-1967) è stato un importante scienziato sociale italiano di prospettiva liberale. Il suo pensiero è stato dimenticato e posto nell’angolo, fino alla sua riscoperta avvenuta poco più di 30 anni fa, a causa del suo “individualismo integrale”. Si tratta infatti di un autore che, sebbene senza sviluppare un pensiero sistematico, ha avuto alcuni punti fermi da criticare: sul piano giuridico, il normativismo kelseniano; sul piano politico, la democrazia intesa come formula per adottare provvedimenti su base collettiva a scapito delle preferenze individuali; sul piano economico, l’interferenza governativa nel libero gioco di mercato. Detto altrimenti, l’idea che muoveva l’intera opera leoniana era la difesa della libertà individuale. 

Come si diceva, Leoni è stato riscoperto quando un gruppo di studiosi ha iniziato a studiarne il pensiero e a raccoglierne gli scritti: si pensi, solo per citarne alcuni, a Raimondo Cubeddu, Carlo Lottieri, Antonio Masala, Luigi Marco Bassaní, Alberto Mingardi. Le diverse opere del giurista sono dunque da tempo pubblicate per Rubbettino, Liberilibri e la casa editrice dell’Istituto che ne prende il nome. Ma ciò che è importante è che ora è di nuovo disponibile la più importante opera di Leoni, con una nuova traduzione e un titolo diverso: “La libertà e il diritto” (Liberilibri). Si notino subito due fatti. 

Il primo è che, a dimostrazione di quanto Leoni è stato posto nel dimenticatoio in Italia – certamente per il suo liberalismo radicale e forse anche perché, come ha notato uno dei suoi più fini studiosi, Antonio Masala, è stato poco compreso proprio a causa del suo liberalismo differente rispetto a quello di tradizione italiana -, l’opera è apparsa originariamente in lingua inglese. “Freedom and the Law”, questo il titolo originale, è infatti costituito da alcune lezioni che Leoni tenne negli Stati Uniti nel 1958, poi pubblicate nel 1961. 

Il secondo fatto, comunque legato al primo, è che il professore pavese era uno studioso di fama internazionale. Tramite le pagine della rivista che fondò nel 1950, “Il Politico”, Leoni fece conoscere autori e idee ben distanti da un certo provincialismo nostrano. Non è un caso che ebbe un ruolo di primo piano nella maggiore istituzione internazionale di orientamento liberale, la “Mont Pelerin Society”. 

Nel suo saggio introduttivo, Cubeddu sostiene con forza come “Freedom and the Law” sia l’opera più grande del liberalismo italiano novecentesco. L’intuizione di Leoni, continua lo studioso, è stata quella di vedere come il diritto sia davvero amico della libertà solo se svincolato dalla legislazione. Meglio ancora: il diritto non è il prodotto di una “fabbrica”, ma un’istituzione che emerge dall’interazione tra le persone comuni. Ecco perché, scrive Lottieri nella seconda introduzione, a Leoni stavano a cuore il diritto romano e il common law inglese: solo un diritto svincolato dalle decisioni arbitrarie del potere politico è davvero un sostegno della libertà individuale.

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