La libertà di fare impresa è di casa, Bergamo fra le prime dieci in Italia

Bergamo è al settimo posto nell'Indice della libertà economica, vitalità certificata dal numero di imprese e dall'attrattiva per i lavoratori

18 Ottobre 2024

L'Eco di Bergamo

Marco Valerio Lo Prete

Autore

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Secondo il grane storico belga Henri Pirenne (1872-1935): «la nascita delle città nella storia dell’Europa occidentale segnò l’inizio di una nuova era». Rivoluzione capitalistica e libertà individuale dei cittadini, in base ad autorevoli interpretazioni del passato, affondano le loro radici proprio nel Basso Medioevo dei Comuni.

Per il sociologo Luciano Pellicani, infatti, «uno dei tratti più caratteristici della città medievale” era che “essa costituiva un diverso dominio giuridico che garantiva quello che era il primo bisogno dei suoi abitanti: il diritto di muoversi liberamente e di scegliere, altrettanto liberamente, il proprio lavoro. Tale diverso dominio giuridico, scaturito dalla rottura del diritto signorile, fu “la grande innovazione sostanzialmente rivoluzionaria della città occidentale del Medioevo rispetto a tutte le altre” (Max Weber), a seguito della quale prese corpo il nucleo originario di quella che sarebbe stata chiamata la “società civile”».

Oggi che ci troviamo in un contesto storico profondamente diverso, popolato di stati nazionali che spesso (e malvolentieri) cedono poteri verso l’alto e non verso il basso, dunque alla volta di organizzazioni internazionali più o meno coese, ha ancora senso chiedersi se l’aria della città – per ricorrere al famoso motto medievale – rende liberi.

Qualità dei servizi pubblici

La libertà economica, intesa in breve come assenza di vincoli eccessivi alla libertà di intrapresa, viene di solito misurata a livello nazionale, visto che gran parte delle norme che disciplinano le attività economiche sono uniformi sull’intero territorio.

«Tuttavia – sostiene l’Istituto Bruno Leoni in una recente ricerca – in ciascun paese ai diversi livelli di governo vengono riservati spazi di autonomia; inoltre, la qualità e l’efficienza dell’amministrazione e dei servizi pubblici può essere eterogenea». Ecco perché allora può tornare utile, come ha provato a fare il pensatoio guidato da Alberto Mingardi, stilare un «Indice delle libertà economiche delle città italiane».

Metodo e misure

A partire dalla valutazione di quattro aree (vitalità economica, macchina municipale, tassazione e giustizia) l’indice è costruito in termini relativi: la città che ha la migliore performance complessiva ottiene un punteggio fissato convenzionalmente a 100, mentre la peggiore ottiene uno zero. Bolzano (100), Vicenza (99,4) e Cuneo (97,6) sono le città sul podio della libertà economica; Napoli (0), Catania (7,2) e Isernia (16,4) quelle a fondo classifica. Bergamo con 85,6 punti è nel gruppo di testa, al settimo posto sui 110 capoluoghi considerati. La sua vitalità economica è testimoniata dal numero elevato di imprese, 73 ogni 100 abitanti a fronte di una media nazionale di 37 ogni 100, a ridosso della prima classificata di questa specifica categoria, Cuneo (84) e molto avanti rispetto a Lecco (54) e Brescia (53).

Sopra la media

Una simile vitalità è associata a un PIL pro capite della provincia più alto della media nazionale (36.600 contro 28.693 euro), e a un’accresciuta capacità di attrarre lavoratori. A Bergamo, secondo i calcoli di Carlo Stagnaro e dei suoi coautori, ci sono in media 3,35 addetti per residente, ben oltre il pur rispettabile dato di Brescia (2,20), Lecco (2,08) e Milano (1,6).

L’indebitamento pubblico del comune, su base pro capite, è stimato al 2% del PIL, cioè meno della metà della media nazionale (5%), più vicino alla virtuosa Mantova (0.1%) che non all’indebita Cosenza (26,9%), mentre i dipendenti comunali sono 6,9 ogni 1000 abitanti in linea con la media nazionale (6,42), più numerosi di Lecco (6,1) e meno di Brescia (8,1). La provincia orobica non sfigura nemmeno quando si analizza l’amministrazione della giustizia. L’Istituto Bruno leoni ha scelto come parametro il cosiddetto “disposition time” dei tribunali che confronta lo stock di dipendenze alla fine dell’anno con il flusso dei procedimenti definiti nell’anno: se il tempo massimo di definizione di un procedimento e 211 giorni ad Aosta e 1337 giorni a Isernia, Bergamo fa segnare 324 giorni, davanti a Lecco (332), Milano (425) e Brescia (586). Sul fronte della tassazione, invece, la città perde qualche posto nella classifica della libertà economica, visto che il rapporto tra gettito Imu e pil è allineato alla media nazionale (1,1% del Pil), mentre l’addizionale comunale è allo 0,8%, dunque più pesante della media (0,75%).

Spazi di responsabilità

Misurare la pervasività delle scelte e dell’intervento pubblico non è una scienza esatta, ma l’indice della libertà economica nelle città fornisce indicazioni di massima utile per chi vorrà far vivere – a ogni livello di governo – il principio di sussidiarietà, ribadito con forza anche nel recente rapporto Draghi sulla competitività europea. Se è vero che ha una maggiore libertà economica, generalmente, è associato un più intenso dinamismo imprenditoriale, dunque una crescente capacità di creare benessere, allora il ruolo di cittadini e autorità locali nel richiedere e conquistare spazi di autonomia e responsabilità – a distanza di secoli della rivoluzione comunale – non è ancora esaurito.

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