Libertà contro Libertà, un duello sulla società aperta è il prodotto di due autori: Emanuele Felice ne ha scritto tre capitoli, Alberto Mingardi altri tre
Illiberali contro liberali? Mah. Sul piano strettamente politico e ideologico forse è così, di questi tempi. Se scendiamo, oppure saliamo, nel mondo più materiale delle politiche, il duello sembra molto più interno al campo di coloro che si dicono in qualche modo liberali. E da molti anni. Un libro da poco pubblicato getta le basi per confrontare quelli che sono i due filoni per grandi linee maggiori della competizione politica nelle società democratiche. Va alle radici della disputa di lungo periodo attorno al ruolo dello Stato e al rapporto di questo con l’individuo. Il libro – Libertà contro Libertà, un duello sulla società aperta, il Mulino – è il prodotto di due autori, ma non a due mani: Emanuele Felice ne ha scritto tre capitoli, Alberto Mingardi altri tre. Entrambi sono ordinari alla Iulm di Milano, ma mentre Felice è stato responsabile Economia del PD e fondamentalmente è un socialdemocratico, Mingardi dirige l’Istituto Bruno Leoni, il maggiore centro di propagazione del liberalismo classico in Italia.
Si tratta di un duello intellettuale condotto – dicono gli autori – con il fioretto e non con la sciabola, più adatta per la politica. Fatto sta che, pur essendo un libro di idee che hanno una lunga storia, è di assoluta attualità. Per dire: sia gli Stati Uniti che l’Europa oggi hanno imboccato la strada di forti politiche industriali, cioè di un ruolo dello Stato nell’economia maggiore che negli anni passati. Qualcosa che Felice vede in modo positivo, qualcosa che a Mingardi probabilmente provoca la scarlattina. Non è questione da poco: queste nuove politiche che seguono i decenni della globalizzazione e di fatto tendono a limitarla sono il modo migliore per difendersi dallo statalismo aggressivo della Cina oppure spingeranno l’Occidente a somigliare un po’ proprio alla Cina?
Felice e Mingardi non mettono la questione in termini così brutali. Sono più sottili e interessanti. Entrambi, ovviamente, sono per la libertà. Fondamentalmente, per il primo, che si iscrive al “nuovo liberalismo”, la libertà ha sì radici naturali nell’individuo ma poi, nel tempo, è aumentata ed è stata assicurata da interventi pubblici, dello Stato ai diversi livelli per garantire diritti. Per dire: a suo parere, è difficile essere liberi se nella società esistono disuguaglianze e, dunque, il vero liberalismo sta nell’intervento della mano visibile dello Stato per fornire, tra le altre cose, i mezzi per raggiungere una certa uguaglianza. È uno dei pensieri forti del Novecento, il Socialismo Liberale di Carlo Rosselli.
Così afferma Felice: «Correttamente inteso – libero, democratico, senza dogmi – il socialismo secondo Rosselli è lo sviluppo logico del liberalismo: il suo erede storico». Mingardi ha un’idea del mondo diversa. La sua prospettiva etica è in sostanza questa: «Libertà è essere lasciati in pace lasciando in pace gli altri». A differenza dei socialisti, democratici o meno, sostiene che un liberale non promette il paradiso in terra ma, addirittura, «usa con circospezione espressioni come ‘risolvere i problemi’»: preferisce il trade-off, il compromesso perché la soluzione definitiva, la perfezione non è di questo mondo. Per Mingardi, «il liberalismo non è mai stato inventato», non è un progetto sostenuto da un pensiero politico; non ha padri, dice l’autore, ma piuttosto figli che sono inciampati nell’idea di «lasciare in pace gli altri» e, per fortuna «ne abbiamo avuto in cambio la più incredibile esplosione di benessere economico della storia».
Una parte non indifferente delle nostre libertà viene dall’alto, nella lettura di Felice; la fonte della libertà sale invece dal basso, secondo Mingardi. C’è molto, molto altro nel libro. Anche alcuni passaggi che possono lasciare perplessi. Sussidi e sussidi nelle proposte di Felice: per ridurre la quantità di carne che mangiamo oppure per compensare chi è colpito dalle politiche sul clima. Aumentando le tasse sulle ricchezze e sui profitti. Nel caso di Mingardi, invece, il richiamo alla «grandiosa impalcatura del Diritto internazionale» per limitare l’impatto delle guerre: giusto e nobile proposito ma forse ingenuo al cospetto di Putin. Il libro ha una leggerezza di scrittura, di tono.
E, alla fine, gli autori hanno stilato due elenchi di musica e canzoni, forse alternativi, più probabilmente complementari. Playlist contro playlist. Indovinate chi ci ha infilato La Libertà di Giorgio Gaber e chi Taxman dei Beatles.