8 Febbraio 2016
Il Sole 24 Ore
Alberto Mingardi
Direttore Generale
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Forse la vera cifra del discorso politico è l’imprecisione. Lettere maiuscole, aggettivi scintillanti, i verbi sempre alla prima persona plurale. Le parole della politica sono fatte per non farsi capire. Con il libro a più voci Idee di libertà. Economia, diritto, società, Lorenzo Infantino e Nicola Iannello hanno scelto di levare trucco e belletto ad alcune formule oggi assai popolari.
Così Enrico Colombatto insegna a «capire la deflazione» prima di imputarle tutti i nostri guai, José Antonio de Aguirre offre un distillato di economia monetaria, Stefano Moroni prende di petto l’idea che la fornitura di servizi pubblici richieda un’organizzazione verticistica. Particolarmente utili sono i contributi di Nicola Iannello e Guglielmo Piombini, dedicati alla «decrescita felice» e al neomalthusianesimo.
In una società che sforna novità a getto continuo quale è la nostra, pare incredibile che un pensatore di rango possa proporre «una moratoria sull’innovazione tecnologica», farmaci salvavita inclusi. Ma all’osteria dell’avvenire, Serge Latouche serve pane e acqua. I decrescisti, spiega Iannello, sono accomunati dalla «totale assenza del riconoscimento che solo i miglioramenti introdotti dalla società aperta e dal mercato hanno permesso l’allungamento dell’aspettativa di vita, il crollo della mortalità infantile, la scomparsa di carestie ed epidemie, la diffusione di condizioni igieniche accettabili, di cure mediche prima inimmaginabili».
Paiono convinti che la scarsità sia una sorta di disordine della personalità, una percezione falsata della cose, frutto di quel processo di «economicizzazione» della vita sociale che caratterizzerebbe tutta l’età moderna. Alcuni arrivano a negare che la speranza di vita sia cresciuta, per altri è un gioco che non vale la candela.
Paghiamo il miglioramento delle condizioni materiali con la dittatura del denaro, l’immiserirsi dei rapporti sociali, le mezze stagioni che non ci sono più. In filigrana, riappare il caro vecchio protezionismo: la società libera è quella in cui ognuno vive scambiando, ovvero diventa in certa misura mercante. Tanto più è articolata la divisione del lavoro, tanti più sono beni e servizi a nostra disposizione.
Il capitalismo è una rivolta contro la nostra condizione “naturale”, spiegano i decrescisti. Ma siccome la nostra condizione “naturale” è la miseria, continuiamo a ribellarci, per favore.
Da La Domenica del Sole 24 Ore, 7 febbraio 2016