La presunzione fatale. Gli errori del socialismo

L'ultima grande opera di uno dei maggiori scienziati sociali del Novecento, Friedrich A. von Hayek


20 Marzo 2024

Il Foglio

Carlo Marsonet

Argomenti / Teoria e scienze sociali

Questa è l’ultima grande opera di uno dei maggiori scienziati sociali del Novecento, Friedrich A. von Hayek (1899-1992). I prefatori della nuova edizione della Presunzione fatale, Gilberto Corbellini e Alberto Mingardi (autore anche della nuova traduzione), sottolineano come non si tratti di un volume apprezzato né dai detrattori né dagli ammiratori dell’Austriaco. Eppure, come notò Dario Antiseri nella precedente traduzione, questo libro del 1988 è probabilmente il “testamento intellettuale” di Hayek. 

L’Austriaco si occupa di un tema apparentemente lontano dai suoi: quello della discrepanza, su basi evoluzionistiche, della psicologia sociale tipica di gruppi chiusi e di piccole dimensioni, e del contesto nel quale si è sviluppata invece la Grande Società, basata su divisione del lavoro avanzata e libertà individuale. Non deve però stupire. Hayek, infatti, proveniva da una famiglia nella quale biologia e teoria dell’evoluzione non erano argomenti estranei. E, del resto, per tutta la vita rifletté sul rapporto che intercorre tra la libertà e l’evoluzione dell’ordine umano. 

Come scrisse già in un’opera tripartita precedente, Legge, legislazione e libertà (1973-79), l’uomo non nasce libero, ma impara a esserlo. La libertà, insomma, non è una condizione naturale, come vorrebbe Rousseau, ma un prodotto della civiltà: un tirocinio lungo e impervio, che cozza con i bias tipici di società chiuse, proprio quelle in cui inizialmente l’uomo viveva. Ed ecco il punto centrale. 

L’essere umano ha vissuto per millenni in società olistico-collettivistiche. Tale eredità, nel corso del tempo, e segnatamente con lo sviluppo di società più grandi a trazione individualistica, non si è perduta, ma è rimasta incistata negli individui. Il socialismo, per Hayek, non è che il retaggio di questa mentalità atavica tribale. Il socialismo è un pericolo poiché mette a repentaglio ciò che gli uomini hanno raggiunto senza avere scopi comuni diretti e imposti da qualche centro di comando: prosperità, libertà, pace. Il socialismo, in altre parole, adotta un razionalismo costruttivistico incapace di fare i conti con la condizione umana, fatta di ignoranza e fallibilità. 

Cercando di liberare l’umanità da supposti mali – il capitalismo, l’avidità, il materialismo – gli intellettuali socialisti vogliono riportare indietro le lancette dell’orologio. La presunzione fatale, insomma, è quella di chi pensa di muovere gli uomini come fossero pedine di una scacchiera: verso mete progettate a tavolino per piccole società chiuse.

da Il Foglio, 20 marzo 2024

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