La ricetta per fare flat tax e reddito di cittadinanza (senza proteste dell'Ue)

Intervista a Nicola Rossi

12 Agosto 2018

Il Sussidiario

Argomenti / Teoria e scienze sociali

In vista della Legge di bilancio i vertici di maggioranza sembrano portare più confusione che certezze. Non è chiaro in quali provvedimenti concreti si tradurranno l’avvio di flat tax, reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni. Dagli esponenti del Governo arrivano dichiarazioni spesso contrastanti, come in merito al futuro del bonus da 80 euro in busta paga introdotto dal Governo Renzi: sarà cancellato, sarà mantenuto o sarà trasformato in riduzione dell’Irpef? Come riconosce Nicola Rossi, Presidente dell’Istituto Bruno Leoni, «c’è ancora confusione, non conosciamo le vere intenzioni del Governo».

Sembra però che l’avvio della flat tax potrebbe consistere nell’estensione di quella al 15% già esistente per le partite Iva. Cosa ne pensa?
Vorrebbe dire proseguire nella direzione che abbiamo intrapreso da anni, cioè di una progressiva cedolarizzazione del sistema impositivo. Non mi sembra una grande novità e soprattutto, giusto per essere chiari, non si tratterebbe di una riforma del sistema fiscale.

Si sta discutendo molto del futuro degli 80 euro introdotti da Renzi. Si dice che potrebbero essere cancellati per finanziare la flat tax…
La questione è mal posta. È evidente che se si riformasse l’imposta personale molte cose attualmente in essere dovrebbero cambiare. Se si cambiasse la struttura delle aliquote, quegli 80 euro semplicemente verrebbero assorbiti dalla nuova struttura. Non ha quindi senso dire “si finanzia la flat tax cancellando gli 80 euro”.

Da quel che hanno detto sia Tria che Conte, l’intenzione del Governo è anche quella di rivedere le tax expenditures. È d’accordo?
Nel momento in cui si volesse cambiare il sistema delle aliquote e degli scaglioni, una serie di cose attualmente esistenti non avrebbe più senso, compresa le struttura delle attuali deduzioni, che andrebbe ripensata. La domanda di fondo sulle misure fiscali che si stanno studiando è una sola: si vuole riformare l’Irpef nel senso di riscriverla o si vogliono fare interventi al margine come abbiamo fatto negli ultimi anni? Io ancora non ho capito cosa vuole fare il Governo…

Potrebbe aver timore di scontentare qualcuno…
Credo che il sistema attuale sia talmente insostenibile, talmente iniquo, che è difficile pensare che gli italiani possano essere più scontenti di quanto non lo siano oggi con un carico fiscale che è quello che è e con una struttura del fisco che è quella che è.

L’esecutivo sembra intenzionato anche a congelare la spesa pubblica, perlomeno in alcuni settori. Qualcosa di molto diverso da una spending review, non trova?
Negli ultimi anni c’è una forma di spending review che ha funzionato molto bene, nel senso che ha prodotto risultati: quella dei tagli orizzontali. Certo, non è esattamente la spending review come la immaginiamo, è certamente meno equa, meno incisiva, ma ha funzionato. È probabile che il Governo abbia in mente una riedizione dei tagli orizzontali. Se così fosse non mi scandalizzerei: i tagli lineari li abbiamo avuti anche in passato, in particolare con i governi di centrodestra. È importante l’esito: il contenimento della spesa.

Tuttavia i tagli lineari lascerebbero intatti anche gli sprechi.
Non c’è dubbio. Il taglio orizzontale non seleziona, non distingue.

Flat tax e reddito di cittadinanza sono le misure su cui hanno puntato di più in campagna elettorale rispettivamente Lega e Movimento 5 Stelle. Sono compatibili tra loro, possono entrare insieme nella Legge di bilancio?
È evidente che stanno bene insieme, basta guardare la proposta dell’Istituto Bruno Leoni su flat tax e “minimo vitale”. Quelli che dicono che le due misure non possono stare insieme perché costano troppo ragionano in modo molto elementare, perché pensano che flat tax e reddito di cittadinanza debbano essere fatti come aggiunta a quello che c’è già oggi. È evidente però che così non è, che se si fa il reddito di cittadinanza si devono eliminare degli interventi oggi esistenti in campo sociale perché non avrebbero più senso.

Si tratta quindi non di sommare degli interventi, ma di riscrivere completamente il sistema.
Se si vuole un intervento fatto seriamente, si riscrivono le regole a fondo sia del welfare, sia del fisco. Se invece si vogliono fare solo interventi marginali, allora è tutta un’altra storia. Il vero punto sta proprio nell’incidere su quelle strutture che si sono sedimentante nel tempo, negli ultimi 50 anni, che oggi sono visibilmente inefficaci, inefficienti e inique: parlo sia del fisco che del welfare.

Considerando che sarebbero riforme che non farebbero aumentare la spesa, utilizzando diversamente quella attuale, non avremmo nemmeno problemi con l’Europa. È così?
Non solo non avremmo problemi con l’Europa, ma potremmo presentarci dicendo che abbiamo fatto veramente una riforma strutturale.

In definitiva è quindi una scelta politica…
È sicuramente una scelta politica. Una riforma fiscale è una delle scelte più politiche che si possano fare, come una riforma del welfare. Ripeto: se quello che si vuole è una riforma. Se invece si vuol mettere “il belletto” a quello che già c’è, non abbiamo bisogno di statisti per farlo.

Su questi temi Lega e Movimento 5 Stelle si giocano anche il proprio consenso elettorale?
C’è stata un’evidente apertura di credito da parte degli elettori nei confronti dell’attuale maggioranza: la delusione delle aspettative, se non ci fosse una riforma profonda del welfare e del fisco, farebbe di certo perdere consenso ai due partiti.

Da Il Sussidiario, 12 agosto 2018

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