La salute non è (solo) un diritto

Retorica e pregiudizi ci fanno dimenticare che è una conquista da tutelare

31 Marzo 2020

IBL

Argomenti / Politiche pubbliche Teoria e scienze sociali

Decenni di retorica politica, e non solo, hanno creato una convinzione pericolosa.

Nel senso che, considerata un diritto, la salute diventa qualcosa di facilmente esigibile, e senza sforzo, ovviamente dallo Stato (chiunque esso sia).
Ci verrà data senza ulteriori impegni da parte nostra, e nessuna politica, nessuna forza politica, minimamente discute questo pilastro della nostra vita sociale.
Se qualcosa non funziona, viene violato un diritto fondamentale, e tutti a dire rimedieremo, abbiamo già rimediato, stiamo rimediando punto e basta.

Eschilo sostiene che “si impara attraverso il dolore” (Agamennone 178).
Le sofferenze dell’epidemia forse ci aiuteranno a comprendere meglio il rapporto con la salute, che non è un diritto inalienabile dell’umanità, ma una conquista.
E per di più una conquista che richiede l’impegno senza tregua, quotidiano e oneroso, in termini di ricerca scientifica, sviluppo e diffusione delle professionalità, produzione di beni e servizi, intelligente impegno delle risorse, investimenti e, ovviamente anche regole e leggi.

Fra le molte frasi fatte, ripetute infinite volte senza un risultato misurabile è che la spesa sanitaria è un investimento e non un costo. Salvo poi tagliare la spesa sanitaria senza neanche un progetto di ristrutturazione.

L’epidemia consentirà, purtroppo, di misurare il valore dell’investimento e il costo di una insufficiente protezione sanitaria.
Costo ben presente alla Repubblica Veneta che a partire dal 1485 istituì i Provveditori alla Sanità, che intervenivano e spendevano denaro per mantenere in salute la popolazione , fra l’altro contrastando le epidemie.

Noi oggi abbiamo un Servizio Sanitario Nazionale di tipo Beveridge che nel 2009 impegnava il 7,3% del PIL, e che dal 2010 al 2019 ha ridotto l’investimento di ca. 0,10% del PIL all’anno per arrivare al 6,4% nel 2019, abbondantemente sotto la media del 7,4% dei Paesi UE con noi comparabili.
E i tagli hanno riguardato per lo più farmaci innovativi, tecnologie, prestazioni acquistabili dagli erogatori non pubblici, tutte cose innovative ed efficienti.

Abbiamo una normativa nazionale (Legge 135 del 7 agosto 2012 e relativo Regolamento) che riduce i posti letto ospedalieri in Italia al valore di 2,7 per mille abitanti, il più basso in Europa, che in condizioni normali sempre secondo queste norme dovrebbero essere sempre saturi al 90% il che significa che basta il più piccolo incremento dei ricoveri per far saltare il sistema.

Abbiamo un clima culturale che continua da decenni a sottovalutare l’importanza della medicina specialistica e ospedaliera, che fa un mito della medicina di base e della sanità pubblica senza occuparsene davvero. Contemporaneamente assistiamo ad un dilatarsi di minoranze antiscientifiche e rumorose, di cui il movimento no-vax è certo l’espressione più nota, che hanno trovato sponda anche presso forze politiche di rilevante dimensione.

E abbiamo un secolare pregiudizio, ben radicato, nei confronti della produzione industriale, dell’imprenditorialità, dell’innovazione e della ricerca scientifica, dal quale deriva un quotidiano stillicidio di commenti su autorevoli quotidiani e di fake news sui social media.

31 marzo 2020

Gabriele Pelissero è Professore Ordinario di Igiene e Organizzazione Sanitaria presso l’Universita` degli Studi di Pavia, già Presidente e attualmente membro del Comitato esecutivo AIOP.

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