“La sinistra sulle banche non si distingue dalla destra”

L'intervista. Nicola Rossi, economista, ex parlamentare di DS e PD: ignoranza e volgarità in quella mozione

23 Ottobre 2017

La Repubblica

Argomenti / Teoria e scienze sociali

«Un rapporto perverso tra sinistra e banche? No: la sinistra su questo terreno non è stata capace di essere diversa dalla destra». Nicola Rossi è oggi professore di economia all’università romana di Tor Vergata, è consigliere d’amministrazione del think tank liberale dell’Istituto Bruno Leoni, e soprattutto è sostenitore della via italiana alla fiat tax con un’aliquota unica del 25 per cento che tanto piace alla destra forza-leghista. Ma per dodici anni Nicola Rossi è stato parlamentare dei Ds e poi del Pd e ancora prima ascoltato consigliere di Massimo D’Alema a Palazzo Cingi nella stagione blairiana degli ex comunisti italiani.

Professore, lei è ancora di sinistra?
«Tenderei a dire che non lo sono mai stato. Ho pensato, come altri, che le idee liberali potessero avere spazio anche a sinistra. Ho sbagliato, succede».

Come spiega la mancata diversità della sinistra su una questione come quella bancaria che riguarda la finanza ma anche gli interessi dei risparmiatori?
«Bisogna distinguere tra gli avvenimenti di questi ultimi giorni dal tema generale del rapporto banche-politica o se vogliamo banche-sinistra. Quello che è accaduto in questi giorni si può riassumere così: il Parlamento ha discusso e approvato una mozione, molto probabilmente inammissibile, su una questione rispetto alla quale lo stesso Parlamento con una legge del 2005 aveva stabilito che il Parlamento non c’entra nulla e che della Banca d’Italia si occupano governo e Quirinale. Ma come se non bastasse il Parlamento ha espresso un giudizio su un tema che ha demandato ad una commissione d’inchiesta istituita solo qualche giorno prima. È difficile trovare un altro caso di incultura istituzionale di queste dimensioni».

Il caso Bankitalia scoppia dopo gli scandali del Monte Paschi e di Etruria nei quali la sinistra politica è coinvolta. Perché?
«Ci sono Mps ed Etruria ma anche il caso di una grande banca romana di solo qualche anno prima con profondi collegamenti con altre parti politiche. La politica deve occuparsi delle regole del credito ma non della gestione. La sinistra non ha mostrato diversità».

Lei ha firmato con altri 45 economisti un appello a difesa della Banca d’Italia. Perché?
«Perché stiamo facendo una figuraccia a livello internazionale. Abbiamo dato un’immagine di sciatteria istituzionale e di scarsa affidabilità perché Bankitalia fa parte del sistema europeo delle banche centrali. La sua indipendenza è sancita dalle regole europee ancor prima che da quelle italiane. È inaccettabile che ci sia stata un’ingerenza – mi faccia dire – così volgare».

Colpa di Renzi?
«Colpa di chi ha immaginato, scritto, gestito e votato quella mozione».

Ma non fa bene la sinistra a stare dalla parte del popolo dei risparmiatori anziché schierarsi con l’establishment?
«Se la sinistra stesse con il popolo non avrebbe fatto quel che ha fatto sulle banche negli ultimi anni. Dall’aver sostenuto improbabili soluzioni di mercato per Mps per poi piegarsi all’intervento pubblico, alla vicenda delle Venete. La sinistra sulle banche ha molte cose da farsi perdonare».

Ce l’ha sempre con Renzi.
«Sappiamo tutti chi c’era al governo».

Però ha varato anche la riforma delle banche popolari e di quelle della cooperazione.
«Vero, ma quell’atteggiamento riformatore è poi evaporato».

Da La Repubblica, 21 ottobre 2017

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