6 Giugno 2016
Il Giornale
Carlo Lottieri
Direttore del dipartimento di Teoria politica
Argomenti / Teoria e scienze sociali
Berna ha bocciato il reddito di cittadinanza per tutti, gli elvetici hanno respinto la proposta referendaria di introdurre un «reddito di base incondizionato». Schiaffo a buonismo e demagogia.
Il voto popolare che in Svizzera, con una maggioranza schiacciante, ha bocciato l’ipotesi di un reddito incondizionato di base (la variante elvetica di quel «reddito di cittadinanza» tanto caro in Italia a Beppe Grillo e al movimento Cinquestelle) non può sorprendere più che tanto. D’altra parte, non è la prima volta che i cittadini svizzeri bocciano proposte demagogiche e contrarie al buon senso. L’iniziativa popolare su cui ieri si è votato avrebbe voluto introdurre un aiuto incondizionato che, secondo alcuni, doveva essere intorno ai 2.500 franchi al mese. Visto il costo della vita tra Zurigo e Basilea, la cifra non è altissima, ma comunque in grado di assicurare una vita dignitosa a chiunque: lavoratore o meno. Si voleva garantire un livello altissimo di welfare, anticipando una soluzione che probabilmente verrà presto adottata in Finlandia e, in forma sperimentale, in qualche area dell’Olanda. Gli svizzeri però si sono espressi nettamente contro questa ipotesi per tutta una serie di motivi. Molti degli oppositori hanno evidenziato come il bilancio statale sarebbe stato messo a dura prova da una spesa di tali dimensioni. Ancor più di questo, però, ha pesato la convinzione che un tale sistema assistenziale avrebbe minato il principio di responsabilità. Se qualcuno riceve soldi senza lavorare, deve esserci qualcuno che lavora senza ottenere benefici.
L’elettorato elvetico ha avvertito i rischi deresponsabilizzanti di una misura tanto ingiusta, che avrebbe tolto incentivi ai giovani spingendoli a vivere in maniera parassitaria. Con il proprio comportamento alle urne, gli svizzeri hanno mostrato di avere chiaro come la ricchezza non scenda dal cielo e d’altra parte non è la prima volta che essi bocciano proposte assai populiste: come quando si trattava di tassare i «ricchi» o di alzare i salari minimi. Pure in questa occasione la Svizzera ha mostrato una ragionevolezza che non è facile riscontrare altrove. Per quale motivo? Il sistema federale svizzero si basa su governi locali, ampiamente finanziati dai propri cittadini. In questo contesto il cittadino è portato a collegare strettamente i costi e i benefici, senza illudersi che ci sarà qualcun altro che verrà a pagare il conto. Nel corso della storia una simile localizzazione del potere ha favorito la crescente responsabilizzazione degli attori politici. Oltre a ciò, la democrazia diretta ha aiutato il formarsi di una maturità che altrove è un miraggio. Non sempre il giudizio che emerge dal voto popolare è corretto, ma è pur vero che questa continua pratica del voto sulle più diverse questioni aiuta in vario modo l’opinione pubblica a riflettere e rigettare le scorciatoie.
Gli svizzeri sanno che la ricchezza più nobile proviene dai servizi che svolgiamo per gli altri e hanno visto nel denaro facile elargito dalla federazione un elemento che avrebbe potuto corrompere la tempra stessa della società. Hanno difeso la proprietà e il lavoro, persuasi che anche i più poveri abbiano tutto guadagnare da questo.
Da Il Giornale, 6 giugno 2016