Roberto Saviano ha approfittato della ricorrenza del Primo maggio, Festa del lavoro, per dichiarare tutto il suo “orrore” per il profitto, la competizione, il merito, la precarietà, la disoccupazione, l’occupazione, la fatica. “C’è stato un tempo – ha scritto sui social – in cui esistevano organizzazioni politiche che volevano abbattere il lavoro, in cui gli intellettuali cantavano l’ozio e la pigrizia come condizioni uniche di libertà, in cui le menti credevano che la tecnologia avesse una sola direzione: liberare l’umanità dalla fatica e dal lavoro salariato”. Secondo lo scrittore, non è più così: “L’unico destino è esser travolti da una fatica sempre più grande e sempre fatale. Più lavoro e meno risorse, meno tempo, meno vita”. Saviano chiude la riflessione citando André Breton che, essendo il poeta del surrealismo, forse fornisce la chiave giusta per l’intera vicenda.
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