I programmi elettorali, si sa, raramente trovano piena attuazione. Varrà senz’altro anche per il programma post-elettorale, sul quale s’appresta a nascere il governo Lega-Cinquestelle.
In questi casi, il diavolo è nei dettagli. Ogni tanto proposte che passano sotto relativo silenzio possono innescare clamorose deflagrazioni. E’ il caso dei cosiddetti minibot. L’idea è che lo Stato potrebbe saldare i debiti commerciali verso i fornitori pagandoli, appunto, in minibot, che dovrebbero essere titoli di debito “di piccolo taglio” che possono essere utilizzati sia per pagare le imposte (ovvero come forma di compensazione tra debiti e crediti verso la PA) sia per acquistare beni o servizi da esercenti disposti ad accettare tale strumento di pagamento.
In un dizionario politico che ha ritrovato nell’Italia di oggi i vocaboli della Rivoluzione francese che fu, non potevano mancare, accanto all’“amico del popolo” e al Direttorio, gli “assegnati”.
Al netto della lodevole intenzione di tamponare perlomeno lo scandalo dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti dei suoi fornitori, l’emissione di minibot potrebbe avere conseguenze che vanno ben oltre, immaginiamo, gli intenti dei suoi sostenitori.
Costoro vogliono, in sostanza, fare un po’ più di debito. L’emissione di nuovi titoli di debito, per quanto camuffata in qualche modo, avrebbe un impatto sia sulla determinazione del disavanzo pubblico, sia sullo stock di debito pubblico. Se mai i minibot dovessero arrivare nelle tasche degli italiani, i consumi intermedi degli enti pubblici troverebbero copertura non più all’interno di appositi capitoli di bilancio, bensì attraverso dei veri e propri “pagherò”: in sintesi, il debito commerciale della PA verrebbe convertito in debito finanziario.
Ma è possibile che i minibot non arrivino mai nelle tasche degli italiani, e tuttavia il loro semplice annuncio possa avere effetti esplosivi.
Per compensare crediti verso la PA e debiti fiscali esistono altri metodi, come l’anticipo oneroso dalle banche o dalle poste. L’emissione di questi titoli di Stato, che peraltro ricadrebbe nel divieto di emissione di strumenti di pagamenti diversi dall’euro previsto dal trattato istitutivo della BCE, potrebbe essere vista dagli operatori economici come un segnale che lo Stato italiano si appresta a creare un sistema di pagamento alternativo, usato in prima battuta come moneta fiscale, ma possibilmente anche come moneta commerciale. Cioè che lo Stato italiano sta preparando l’uscita dall’euro.
I minibot, avvisando di un tentativo di moneta sovrana, aumenteranno il costo della fiducia riconosciuta al nostro paese, che in primo luogo si tradurrà in un ulteriore aumento dello spread.
Coi minibot si potranno pure pagare le tasse, ma non si potrà comprare la fiducia né dentro né fuori i confini dello Stato.
23 maggio 2018