Un libro scritto da un ragazzino, iniziato quando ancora doveva compiere gli undici anni, un libro tirato fuori dal cassetto dove solitamente queste cose finiscono, se non vanno perdute, ha il potere di porci un problema su cui dobbiamo quotidianamente vigilare.
La famiglia Debenedetti, ebrei piemontesi, era sfollata in campagna nel 1942 per sfuggire ai bombardamenti che, fra le altre cose, avevano distrutto la fabbrica costruita dal padre. Il quale nel 1943 decide di trasferirsi in Svizzera per sfuggire alle persecuzioni razziali. Nell’intraprendere questo non facile passaggio – altre famiglie erano state respinte – la signora Debenedetti, cattolica, suggerisce ai figli di tenere un diario. E il libro è il diario di Franco, accompagnato da alcune sue considerazioni e inquadrature storiche.
Approdati a Lucerna il ragazzo deve andare a scuola e per andarci deve imparare il tedesco. La seconda lingua, assieme all’italiano. Fosse stato l’inglese si sarebbero potute catalogare le due lingue come quella della persecuzione e quella della salvezza. Ma il giovane Franco avverte che una lingua è anche una cultura, un modo di organizzare il pensare; sa che l’italiano è la sua lingua madre e l’Italia il suo Paese e apprende a sua volta il tedesco – che ama – come uno strumento di cultura profonda, coinvolgente, indispensabile. Eppure l’italiano era la lingua del fascismo e il tedesco quella del nazismo. Restano due lingue, ma le culture che esprimono sono più di due o, almeno, ín ciascuna sono annidati una grandezza e un grande male. E più leggi le pagine del giovane Franco più capisci che non si dovrà smettere mai di guardarsene. Più guardi non pochi giovani, in Italia e in Germania, più ti accorgi che l’incancellabile è già stato dimenticato. La famiglia rientra in Italia nel 1945 ma il tedesco resterà nella vita dell’autore, assieme agli amici e alla stessa Germania. Il diario si chiude con le immagini dei campi di sterminio e i forni crematori (che ci furono anche in Italia). Perché il ragazzino visse comunque con felicità, ma immerso in una infelicità che ricorda la ragione della fuga.
Il libro si conclude invece con poche pagine sull’euro e i suoi trambusti. Che centra? Moltissimo: Franco concluse il suo diario nel 1945; noi tutti lo abbiamo concluso con la riunificazione tedesca, che fu riunificazione europea, e con la nascita della moneta unica. Capire la grandezza di quei passaggi serve a che giammai qualcuno debba riaprire il diario.
Franco Debenedetti
Due lingue, due vite. I miei anni svizzeri. 1943 – 1945
Marsilio Arte, 2024