Legge di bilancio, perché difficilmente si poteva fare di più

Anche se non necessariamente servono soldi per avere una visione politica

27 Ottobre 2023

Il Mattino

Serena Sileoni

Argomenti / Politiche pubbliche

La legge di bilancio assume anche quest’anno più la natura di provvedimento e meno quella di manovra, cioè di complesso di azioni con cui si dà una direzione o si raggiunge una posizione voluta. Ciò non è di per sé un segnale negativo, dal punto di vista dell’accorto uso delle risorse dei contribuenti e della gestione della finanza pubblica. Meglio navigare a vista che dirigersi contro gli scogli. Ce lo ricordano il superbonus e il bonus facciate, che rappresentano, col reddito di cittadinanza, i programmi pubblici più consistenti degli ultimi anni, sia in senso economico che in senso politico e che hanno un impatto, in termini di minori entrate, che si produrrà per anni a venire. 

Le ragioni economiche che hanno portato il governo a immaginare una legge di bilancio priva di immaginazione sono quindi comprensibili, finanche condivisibili (difficile essere creativi quando bisogna affrontare un buco nelle entrate e lo stesso problema riguarderà le prossime 4-5 leggi di bilancio). Ciò non toglie un paio di considerazioni, una sul piano politico l’altra sul piano economico. 

Dal punto di vista economico, quel che trapela dal testo base è una specie di gioco del Tetris con le risorse disponibili: una ricomposizione delle voci di spesa e entrata in un eterno ritorno del simile che non sarebbe molto diversa da quella che potrebbe inventarsi un sistema di intelligenza artificiale sulla sola base degli esercizi precedenti. Alcune misure danno un messaggio uguale e opposto rispetto ad altre: l’aumento delle decontribuzioni per le lavoratrici madri si compensa col ritorno all’iva ordinaria al 10% per i prodotti di prima infanzia; l’obbligo di stipula delle polizze assicurative contro le calamità naturali a carico delle imprese è speculare e opposto all’eliminazione delle detrazioni fiscali per lo stesso tipo di polizze sottoscritte dalle persone contenuto nel decreto fiscale. Il cuneo fiscale, il cui taglio è tra le misure più declamate, è, come in passato, limitato a un anno. Limitata è anche la proroga delle risorse per il sostegno dei mutui prima casa per i giovani. E a proposito di proroghe, non mancano quelle per la sugar e la plastic tax (che bene farebbero ad essere definitivamente eliminate, salvo dover trovare le coperture definitive), mentre tra i “cattivi” tassati ritornano le sigarette. 

L’unico messaggio politico chiaro sembra essere la rinuncia alla lotta ormai decennale contro la legge Fornero. Difficilmente si poteva fare di più, senza fare danni, date le condizioni delle nostre finanze pubbliche. Anche solo per lasciare le cose come stavano, anche solo per rifinanziare la proroga delle misure precedenti, come appunto il taglio del cuneo fiscale, le risorse mancavano, tanto che più della metà di esse viene da uno scostamento ulteriore di bilancio pari a un deficit di più di 15 miliardi. Di tale ristrettezza se ne dovranno fare una ragione per primi i parlamentari, per i cui emendamenti le risorse accantonate sono davvero ridotte. 

Ereditare casse sconquassate per pregresse decisioni (-18 miliardi di entrate per il solo 2023, e fino a 130 miliardi nei prossimi 10 anni per i soli bonus edilizi) ma in generale per un uso costante e sconsiderato dei soldi dei contribuenti, vuol dire partire in salita. E, come detto, sempre meglio una legge di bilancio che si limiti ad aggiustamenti che una vera manovra politica, se la rotta fosse sbagliata. Restano però due considerazioni. 

La prima è che non necessariamente servono soldi per avere una visione. Ad esempio, se fosse vero che l’uso prudente delle risorse fosse una priorità di questo governo, le previsioni dedicate alla revisione della spesa sarebbero state scritte in qualcosa di più che sull’acqua. Se nemmeno un governo nel pieno del suo mandato, alla prima effettiva legge di bilancio riesce a dare un indirizzo simile alla manovra, vuol dire che ancora una volta un esame di coscienza sull’uso del soldi dei contribuenti è rinviato a data da destinarsi. 

La seconda è che ancora una volta la manovra di bilancio sfuggirà a qualsiasi conoscibilità, nelle sue linee e nei suoi effetti essenziali, per gli elettori. Tante micro-misure hanno, in fin dei conti, il vantaggio di consentire al governo di fare cherry picking nel racconto da fornire all’opinione pubblica, incapace da sé – non per sua ignoranza ma per l’incomprensibilità dell’insieme della manovra – di capire chi ci guadagna e chi ci perde, quali siano le priorità nell’allocazione delle risorse, dove vada l’uso dei suoi soldi. 

Noi non solo non sappiamo quante imposte paghiamo, nella complicatezza del sistema impositivo. Non sappiamo nemmeno come lo Stato intenda usarle, nella poca chiarezza degli effetti della manovra. Si può pensare che, negli anni del Pnrr, il bilancio sia ormai una questione secondaria di allocazione delle risorse. A maggior ragione, sarebbe opportuno che, almeno su questa legge ancora nella piena disponibilità del governo nazionale, la chiarezza dell’impatto effettivo delle misure fosse una priorità. 

da Il Mattino, 27 ottobre 2023

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